L’IMPORTANZA DEL COMMERCIO INTERNAZIONALE

Molto spesso, dai non addetti si parla di commercio internazionale come di una cosa buona solo però quando si compra merce estera a buon prezzo e si vende merce nostrana guadagnando molto. Ma esistono strategie che non vanno in questa direzione, per giusti motivi.

Nel 1776 l’economista scozzese Adam Smith sostenne nel suo libro La ricchezza delle nazioni che la specializzazione porta ad accrescere la produzione. Secondo Smith, per poter soddisfare una domanda crescente di merci le risorse scarse di una nazione devono essere distribuite in modo efficiente nei vari settori produttivi, con preferenza per quei beni che un paese può produrre con minori costi rispetto ai suoi partner commerciali. Ciò consente di esportarne una parte e di importare i beni che i partner commerciali producono a minor costo. Sull’opera di Smith si fonda la scuola economica classica.

Mezzo secolo dopo, l’economista inglese David Ricardo modificò la tesi di Smith introducendo la teoria del “vantaggio di costo relativo o comparato”, ancor oggi accettata da quasi tutti gli economisti. Per gli economisti che precedettero Ricardo, lo scambio diveniva conveniente soltanto nel caso di vantaggi assoluti di costo. Secondo la teoria del vantaggio relativo o comparato, invece, al paese A conviene importare una merce dal paese B – ad esempio, stoffa – a un prezzo maggiore di quello che gli costerebbe produrla al proprio interno, se nella produzione di una seconda merce – ad esempio, vino – il paese A ha, sul paese B, un vantaggio di costo ancora maggiore di quello che ha nella produzione della stoffa; infatti, in questo caso al paese A conviene produrre una minor quantità di stoffa e una maggior quantità di vino e scambiare vino contro stoffa importata dal paese B.

Il risultato finale sarà che il paese A, impegnando le stesse risorse, si troverà con una quantità di stoffa maggiore di quella che avrebbe ottenuto producendola al proprio interno e a un costo minore del prezzo che ha pagato per importarla dal paese B. In breve: un paese che ha un vantaggio di costo in entrambi i prodotti opera “comparando i propri vantaggi” (da qui il nome della teoria) e specializzandosi nella produzione e nell’esportazione di quello in cui il suo vantaggio di costo è maggiore. Se ogni regione si specializzasse nella produzione di beni per i quali ha un vantaggio relativo, verrebbero prodotti dunque più beni e aumenterebbe la ricchezza sia del paese compratore sia del venditore.

Oltre a questo vantaggio fondamentale, il commercio internazionale produce ulteriori benefici economici. Accresce e rende più efficiente la produzione mondiale, consentendo alle popolazioni dei vari paesi di consumare quantità maggiori e più diversificate di prodotti: un paese che possiede limitate risorse naturali è così in grado di produrre e consumare più di quanto potrebbe fare altrimenti. Il commercio internazionale amplia inoltre il numero dei mercati potenziali nei quali un paese può vendere i propri prodotti. L’aumento della domanda internazionale per i prodotti si traduce in un incremento della produzione e dell’uso di materie prime e del lavoro, che a sua volta conduce alla crescita dell’occupazione nazionale. La concorrenza può inoltre spingere le imprese ad accrescere la propria efficienza attraverso la modernizzazione e l’innovazione.

L’importanza del commercio internazionale varia da un paese all’altro: alcuni esportano solamente per espandere il mercato interno o per aiutare economicamente i settori depressi della propria economia, mentre altri dipendono dal commercio per una larga parte del reddito nazionale e per ottenere prodotti destinati al consumo interno. In anni recenti il commercio internazionale è stato anche visto come un mezzo di promozione della crescita economica di una nazione; nei paesi in via di sviluppo e nelle organizzazioni internazionali è stato infatti attribuito un peso crescente agli scambi con l’estero.

Arturo Di Mascio

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RIPRISTINARE L’ANTICO EQUILIBRIO UOMO/NATURA/AMBIENTE, SI PUO’ E SI DEVE.

Leggendo scritti e riscritti di tanti autorevoli giornalisti, scienziati e ricercatori sul tema natura e ambiente, mi è venuto in mente un idea. Certamente non sono stato l’unico ad averla, ma mi va di esporla comunque.

Ebbene, pensavo, perché non creare un punto di riferimento mondiale per la promozione Istituzionale e Imprenditoriale del grande valore che oggi ancor più di ieri riveste il ripristino dell’Antico Equilibrio UOMO/ NATURA/AMBIENTE ?

 

Potrebbe nascere dunque una vera e propria: AMBASCIATA MONDIALE DELLA NATURA

 

E PERCHE’ MONDIALE?

Tale esigenza nasce dal concetto che il Bene Della Terra, va salvaguardato senza considerare frontiere, differenze politiche ed ideologiche e persino la Sovranità dei Singoli Stati.

Gli incidenti come, ad esempio Chernobyl nell’86, minacciano non una singola nazione ma tutto il mondo  nella sua globalità.

Come sostiene il Worldwatch Institute, Istituto internazionale di ricerche ambientali che ha sede negli STATES, il mondo è ammalato  per vederne le condizioni di salute bisogna prendere in esame quelli che gli antichi chiamavano i Quattro Elementi  Fondamentali ovvero Acqua- Terra- Aria- Fuoco.

 

OBBIETTIVI PRIMARI DELL’AMBASCIATA MONDIALE DELLA NATURA:

A tal proposito L’Ambasciata Mondiale della Natura, al di là dei Grandi Eventi e Progetti, Vedi Kyoto- G8 etc vuol essere un Punto d’incontro, coordinamento  fisso e costante, informazione  per tutto ciò che è legato alla situazione Natura   

Concretamente potrebbe trattarsi di creare un efficiente INTERNATIONAL SECTOR  POINT che possa operare stringere un rapporto collaborativo tra le realtà socio politiche economiche (già esistenti e/o nascenti).

 

ISTITUZIONALMENTE: potrebbe rappresentare un organismo di raccordo, coordinamento tra i più importanti e non molto noti organismi internazionali Europei e Trans Europei al fine di promuovere, ottimizzare le risorse istituzionali create per la tutela e valorizzazione nel settore Natura nella totalità dei suoi comparti.

 

SOCIALMENTE : potrebbe operare al fine di sensibilizzare ulteriormente la coscienza ecologica, al fine di proporre un NEW LIFE STYLE, facilmente applicabile nella quotidianità che porti, attraverso un ritorno alla DIMENSIONE UOMO al SISTEMA DI RISPARMIO ENERGETICO, ALL’UTILIZZO DI SOSTANZE ECOCOMPATIBILI etc, ci porti ad un Naturale Innalzamento della Qualità Della Vita.

 

ECONOMICAMENTE. Promuovere un innovativo Sistema Imprenditoriale Ambientale che vuol creare un a FILIERA IMPRENDITORIALE AMBIENTALE EUROPEA che possa:

 

Selezionare, Certificare Mettere in contatto, Partecipare, Promuovere  sia le Grandi sia le Giovani realtà imprenditoriali di settore,

 

Realizzare all’interno della stessa Ambasciata Mondiale della Natura, un innovativo Distretto Natura che rappresenti :

sia uno SHOW ROOM INTERNAZIONALE fisso per le aziende Europee e Transnazionali operanti in tutti i settori ambientali dalla Depurazione, dall’Indoor all’ecotessile

 

sia un INTERNATIONAL RESEARCH AGENCY che ponga in relazione e contatto costante, concreto e diretto, le più valenti realtà imprenditoriali, internazionali con le più importanti  e qualificate Società leaders, Istituti di Ricerca, Università che da  tempo, operano ed interagiscono a carattere mondiale nel settore della ricerca e tecnologia ambientale, partendo per esempio dalle energie rinnovabili.

 

Qualcuno direbbe, tutte belle cose, ma poi funzionerebbe per lo scopo?

Certo, per quanto mi riguarda, se pi io ne farei parte , mi prodigherei con tutte le mie forze per far funzionare questo istituzione proposta, in modo che diventerebbe realmente il motore che azioni il meccanismo per il ripristino dell’Antico Equilibrio UOMO/ NATURA/AMBIENTE.

 

Arturo Di Mascio

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LA POLITICA FA SCHIFO? NO, BISOGNA SOLO CAMBIARE MODO DI FARLA

Bisognerebbe fare molta attenzione a non generalizzare e a non trasmettere la sofferenza interna e la rabbia di noi “adulti” che abbiamo nei confronti di una politica, che negli ultimi anni ha mostrato di se la faccia più indegna è brutta. O meglio, non voglio sbagliare anche io, non tutta la politica, ma una parte di rappresentanti politici che hanno usato, solamente, la macchina pubblica per i propri e delle lobby che rappresentano, loschi interessi affaristici dimenticando che rappresentare i cittadini è prima di tutto un servizio e non un mezzo per riempirsi le tasche rubacchiando qua e là.

Una situazione accentuatasi ultimamente anche per una legge elettorale scellerata che non ha permesso ai cittadini di eleggere il proprio rappresentante direttamente e non ha permesso a chi intendeva rappresentare i cittadini ci farsi conoscere sul territorio per scambiare e raccogliere le opinioni del cittadino.

Ma questo problema, pare si stia risolvendo e sono sicuro che tra mille ostacoli si arriverà a un sistema più democratico di rappresentanza parlamentare.

Quindi stiamo attenti perché ciò che oggi la politica trasmette ai giovani determinerà il futuro di tutti. I ragazzi che oggi mentre studiano, lavorano si appassionano alla politica, magari a tempo perso, domani saranno uomini e donne che governeranno il Paese.

La politica questo lo ha dimenticato. La politica rappresenta il pensiero base sul quale costruire un modello di società, uno stile di vita, la politica è il fulcro degli ideali, la politica nasce dalla passione e dall’amore per la patria, non è un lavoro, lo diventa.

Chi fa politica deve avere come unico desiderio quello di migliorare la qualità della vita dei cittadini, di tutti, senza punire nessuno.

La politica deve trasmettere positività, amore, amore per la libertà, pur avendo una visione obiettiva della realtà. La politica è il mezzo grazie al quale un campo fertile (il Paese) viene arato, ma è importante piantare i semi giusti (le idee).

La responsabilità di ogni politico che si ritenga tale sta nel dare se stesso alla sua terra, con amore, come un bravo contadino lavora il campo, nel presente, per il presente e per il futuro.

Lasciare ai giovani una terra in buone condizioni pronta alla semina, e non terra bruciata. Il raccolto sarà buono, proporzionalmente buono alla qualità dei politici in campo.

I signori politici dovrebbero spendere due minuti del loro tempo non per promettere, offendere o urlare, ma per illuminarci, senza giochi ruba-voti, su quale sia il modello di società che i loro partiti hanno in mente, chiarire se vogliono più o meno stato, chiarire il ruolo del cittadino nei confronti dello stato e dello stato nei confronti del cittadino, “il cittadino che loro hanno in mente”.

Questi punti fondamentali stanno alla base di un rapporto di lealtà, di sincerità, di verità, di cultura, che la politica può e deve avere e trasmettere.

Poi il cittadino libero, è libero di scegliere in base alle proposte e alle risposte che i politici intendono dare ai problemi reali del Paese.

I politici, di qualunque razza siano, debbono essere prima onesti con se stessi altrimenti non potranno mai essere veri con l’elettorato. Logorati dal potere lo hanno dimenticato, ed ora è meglio ricordarselo e si sceglie di far politica, lo si deve fare pensando ai bisogni della gente, di quella collettività di cui si fa parte e di cui fanno parte i nostri figli, i nostri nipoti, i bimbi che verranno e che saranno gli uomini e donne di domani, e che dovranno prendere le redini di una società che noi gli abbiamo preparato.

Arturo Di Mascio

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LA FAME NEL MONDO? DOBBIAMO FARE DI PIU’.

manoMolto spesso, non lo possiamo negare, si butta da mangiare e non pensiamo a quanti bambini e non solo bambini, muoiono nel mondo perché invece a loro manca il minimo essenziale per sopravvivere, o il necessario per non essere malnutriti e quindi subire le conseguenze di malattie devastanti.
Quindi la fame continua ad essere un problema in tutto il mondo. L’Organizzazione per l’alimentazione e l’agricoltura delle Nazioni Unite, ha stimato che oltre 1 miliardo di persone nel mondo sono denutrite ed il numero è in continuo aumento.

Nell’anno 2000 tutte le nazioni del mondo nel quadro delle Nazioni Unite (2000-Obiettivi del Millennio) si sono impegnate a ridurre la povertà della metà entro l’anno 2015, ma a mio giudizio vedo molto più lontano quest’obbiettivo.

 

Uno dei principali problemi di questo triste fenomeno è sicuramente la carestia, che spesso è dovuto principalmente agli eventi climatici e i parassiti dei vegetali.

 

Quindi il troppo caldo e la conseguente mancanza di pioggia, e viceversa la troppa pioggia o le glaciazioni e la distruzione totale dei raccolti a causa di insetticavallettecoccinellecoleotteri (ad esempio la dorifora), e a causa di infezioni di alcuni microrganismi, le “crittogame“, sono tra i principali responsabili della fame nel mondo.

Certo è normale che in un luogo dove ci sono questi problemi, non essendoci produzioni, ne pascoli, e quindi non c’è economia e quindi di conseguenza non c’è sviluppo.

Per mettere fine a questo serio fenomeno, che è, si ricordi bene, “ la fame nel mondo”  si dovrebbe lavorare su più fronti. 1) lavorare per una migliore distribuzione delle risorse alimentari;  2) aumentare le capacità produttive; 3) Una forte e massiccia presa di coscienza dei paesi  più ricchi, parlo di una vera coscienza umana e aiutare in tutti i modi i paesi che soffrono la fame, invece di alimentare le guerre e lo sfruttamento.

L’Expo di Milano 2015 ha come tema principale questo argomento per stimolare una equa distribuzione del cibo.

“Porre fine alla fame nel mondo è un obiettivo raggiungibile da questa generazione se decidiamo di adottare le strategie giuste”, ha detto il Direttore Esecutivo del WFP, Josette Sheeran intervenendo, lo scorso settembre, al National Press Club, a Washington (USA).

Sua Santità, ha detto : “Non si può tollerare che migliaia di persone muoiano ogni giorno di fame, pur essendo disponibili ingenti quantità di cibo, che spesso vengono semplicemente sprecate”.

Interroghiamoci e FACCIAMO PRESTO, d’altronde basta metterci un po’ più di energia e riflettere davvero  su ma cosa abbiamo fatto finora per combattere la fame nel mondo?

A partire dai più ricchi, se rinunciassero a qualcosa, che poi magari rinuncia non è, per donare a chi muore di fame, sarebbe più libera la coscienza.

faoE’ vero ce la FAO, l’organizzazione delle Nazioni Unite che si occupa di combattere la malnutrizione nel mondo,  negli ultimi 20 anni ha contribuito a fare  progressi incredibili in questa battaglia, e grazie all’impegno della FAO che ha anche sensibilizzato centinaia di personalità del mondo dello spettacolo, cultura e imprenditoriale si è potuto contenere l’aumento pazzesco del fenomeno, anche dopo alla tremenda crisi economica che stiamo attraversando.

Ma non basta!  Interroghiamoci e FACCIAMO PRESTO, d’altronde basta metterci un po’ più di energia e riflettere davvero  su cosa abbiamo fatto finora per combattere la fame nel mondo?

E dire abbiamo fatto poco. Dobbiamo fare di più.

Arturo Di Mascio

IL SIGNIFICATO DELLA SOSTENIBILITÀ NEL TURISMO

Secondo i casi, il concetto di “turismo sostenibile” è diventato slogan, mito, dogma, facile alibi per l’inazione, pretesto demagogico, marchio commerciale, emblema ideologico o falsa illusione. Affinché non cada nell’impostura, questo termine necessiterebbe urgentemente di una nuova disciplina.

Lo sviluppo si svolge in condizioni di apertura e in uno stato di non equilibrio, è dinamico, non lineare, basato su discontinuità e cicli: ed è in costante cambiamento adattivo. L’aggettivo sostenibile si applica ad un universo statico, lineare, di equilibrio di sistemi chiusi, in uno stato di continuità o di progressione senza grossi scarti, resistente ai cambiamenti.

E non bisogna confondere lo sviluppo sostenibile con uno sviluppo sostenuto, assistito, sotto il palliativo di continue sovvenzioni, che rende ancora più fragile il futuro.

Inoltre, lo sviluppo sostenibile interpreta troppo spesso i bisogni, le aspirazioni e il sistema di valori delle generazioni future sulla base di semplici proiezioni tendenziali della situazione attuale, senza prendere in considerazione l’alta imprevedibilità inerente a sistemi complessi ed aperti e il fatto dell’innovazione come fattore determinante per l’emergenza di nuove risorse. Ma la ragione principale, è che non esiste più nello sviluppo attuale e in un mondo aperto, il classico equilibrio fra popolazioni, risorse e ambiente in un territorio stabile e chiuso che con il concetto di capacità portante, costituisce la base teorica dello sviluppo sostenibile. Popolazioni e risorse migrano entrambe in un mondo la cui caratteristica principale è divenuta la mobilità di ogni elemento e di ogni parametro. I territori si aprono e sono sempre più virtuali, nel senso che corrispondono molto raramente a unità amministrative precise o a zone ecologiche determinate; essi cambiano di natura e di rappresentatività secondo l’uso che è fatto delle loro diverse risorse. I territori attuali sono definiti e configurati dall’intensità delle interazioni funzionali, degli scambi e dei flussi, anche di carattere transnazionale, e sono da questi penetrati in modo e grado variabili spazialmente e temporalmente.

Finalmente il concetto di risorsa è del tutto antropocentrico. E’ una variabile dipendente nel tempo e nello spazio e non esiste se non nella rappresentazione e nella percezione che si ha di essa: questo è soprattutto vero per il turismo. Le risorse, così come i posti di lavoro, concetti associabili tra loro, non sono fissi, predeterminati, da suddividere e da distribuire, ma aumentano con l’innovazione e diminuiscono con la stagnazione.

Lo sviluppo non dipende più quindi dalla disponibilità di risorse naturali e locali, ma soprattutto dalla qualità, dalla responsabilità, dalla competenza e adattabilità delle risorse umane, ciò del resto è molto più stimolante. Anzi, è l’accento messo sulle risorse umane che può diminuire il loro impatto sulle risorse naturali.

Però, il caso del turismo ha delle specificità che rendono la condizione di sostenibilità, la rappresentazione delle risorse e anche il concetto di capacità portante molto originali, sempre che si interpretino in veste pragmatica e non ideologica. In questo senso, il turismo è quasi un prototipo delle tendenze nella nuova società aperta.

In primo luogo il turismo ha in sé i germi per il suo progressivo esaurimento e per la sua saturazione; ha una capacita intrinseca di autodistruggersi, di annientarsi, di degradare l’ambiente dal fatto stesso della presenza turistica, di livellare progressivamente le diversità culturali che creano turismo. E’ il ciclo di vita o il ciclo di trasformazione del turismo. Perché questo ciclo non sia ineluttabile, bisogna che l’uomo intervenga attivamente, coscientemente, costantemente, per aumentare la sostenibilità del turismo, per poterlo far durare nel tempo senza diminuire il suo livello qualitativo per residenti e ospiti. Inoltre, nella rappresentazione dei tre elementi che costituiscono il turismo, popolazioni locali, ambiente locale e turisti, ognuno è nello stesso tempo reciprocamente fruitore e risorsa assumendo così molteplici vesti. Si potrebbe dire che c’è un enorme sovrapposizione nella nicchia funzionale di questi tre elementi. Anche l’ambiente, risorsa sia dei residenti che degli ospiti pur con differenti riflessi, non potrebbe persistere come tale senza la gestione costante da parte della popolazione locale, o senza la capitalizzazione portata dai turisti. Queste sono le risorse di cui fruisce la risorsa ambientale. Ci sono due primi insegnamenti:

1) senza l’intervento dell’uomo non ci può essere sostenibilità, nemmeno per i cosiddetti ecosistemi naturali che hanno subito da tempo l’imprinting dell’uomo e che senza di esso non possono più funzionare;

2) la sostenibilità non può venire da una manutenzione rigida, da una conservazione fissa e non evolutiva, dalla resistenza ai cambiamenti. La sostenibilità dipende dall’attitudine e la disponibilità di adattamento ai cambiamenti. La sostenibilità è costante adattamento. E le tre condizioni essenziali per questo adattamento, le tre muse che lo ispirano, sono l’apertura, la diversità e l’innovazione. Sono anche le tre parole chiave per un turismo sostenibile.

DIAMOCI DA FARE PERCHE’ ALL’ITALIA, FORSE, BASTEREBBE SOLO IL TURISMO PER FARE VOLARE L’ECONOMIA.

Arturo Di Mascio

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TUTTA COLPA DEL DEBITO PUBBLICO?

Le agenzie di stampa battono i nefasti comunicati sul debito pubblico, ed ecco l’ultimo:  – Nel primo trimestre del 2014 in Italia il rapporto tra debito pubblico e Pil è salito al 135,6% dal 132,6% del trimestre precedente.

Nell’Unione europea e nella zona euro in rapporto al Pil il debito pubblico italiano è secondo solo a quello greco, che alla fine del primo trimestre era al 174,1%.

Il governo italiano stima un rapporto debito/Pil al 134,9% basato sulla proiezione di crescita per il Pil dello 0,8%, per quest’anno, ma  Bankitalia nell’ultimo bollettino economico prevede una crescita dello 0,2% dallo 0,7% precedente.

Quindi tragedia economica che si rinnova e si protrae nel tempo. Ma sarà tutto vero?

Sono riusciti a convincerci  che il debito pubblico sia il vero problema di questo Paese?

Guardando, con un pò di attenzione, le nazioni che l’avevano basso all’inizio della crisi economica, a rigor di logica, avrebbero dovuto avere meno problemi..

La Spagna aveva un rapporto fra debito/PIL assolutamente basso: 36,2% nel 2007, 39,8% nel 2008. E quindi perché invece soffre e ha sofferto?

Diciamo le cose come stanno realmente, a mio giudizio, e di tanti autorevoli economisti indipendenti.

Basta dire la frase magica: “il debito pubblico in Italia è troppo alto” e tutti con forte rammarico dicono “si è vero” e giù via con sacrifici, rigore, rinunce, tagli etc.

Ma il vero problema è la perdita di competitività, non il debito pubblico.

Abbiamo un costo del lavoro troppo alto, che ci fa produrre a prezzi non competitivi sia sul mercato estero che su quello interno.

I prezzi salgono, i salari no, anzi spesso diminuiscono.

Allo stesso tempo in Italia peggiorano anche i servizi.

Ma il debito è aumentato anche negli altri paesi, come nella stessa mitica Germania, ma con la differenza che da un lato il governo tedesco tagliava i salari dell’1% annuo e dall’altro lato compensava i lavoratori dandogli sostegno, più istruzione, più case. In questo modo i lavoratori tedeschi non si sono ribellati, non hanno sentito come in Italia tutto il peso della “austerità” e dei tagli lineari.

In Italia invece tagli di spesa nei servizi, nella scuola, nella sanità, aumento delle tasse, attacco ai diritti dei lavoratori, distruzione del ceto medio etc…

Tutto questo porta a un aumento della disoccupazione, ed è brutto ammetterlo ma in Italia da anni si sta cercando di rilanciare la competitività attraverso la disoccupazione, cioè quando c’è forte disoccupazione vi è più disponibilità da parte delle persone a lavorare a minor salario e meno diritti, e chi lavora per non perdere il posto, accetta analoghe riduzioni.

Io credo che pensare di ottenere un aumento di produttività aumentando la disoccupazione sia un suicidio economico, anzi, al contrario, bisogna sostenere le persone, per aumentare il potere d’acquisto, così aumenta la richiesta, l’offerta, e di conseguenza la produzione di beni e servizi. Quindi, far ripartire il ciclo economico produttivo, anche a costo di spendere dei soldi aumentando il debito pubblico.

Il debito pubblico è un’invenzione dei politici e dei banchieri per far  arricchire gli azionisti privati della Banca Centrale italiana e europea.

Prima dell’euro le banche che emettevano denaro lo garantivano con le riserve di oro del tesoro, e quindi  convertivano i soldi in oro e sostenevano un costo di emissione. Oggi, i soldi non sono coperte da riserve di oro, non sono convertibili e il  loro costo di emissione è praticamente zero, ma il guadagno di chi le emette e le vende, ossia il signoraggio bancario, è del 100% del valore nominale.

Pertanto quando lo Stato chiede soldi alla Banca Centrale paga il costo del valore nominale (e non il solo costo tipografico) con titoli del debito pubblico, ossia impegnandosi a riscuotere crescenti tasse dai cittadini e dalle imprese. Tutto ciò avviene attraverso la Banca Centrale Europea, esente da ogni controllo, al disopra delle parti. Dal bilancio della Banca Centrale Europea risulta che nel Sistema Europeo delle Banche Centrali (SEBC) ci sono circa 50 miliardi di Euro che spettano allo Stato italiano e che il Governo dovrebbe recuperare.

 Ma veniamo al dunque, e vediamo come possiamo abbassare o ripagare il debito pubblico?

Lo Stato dovrebbe fare come il buon padre di famiglia e pertanto quando si hanno debiti, ma anche proprietà, si possono vendere le seconde per ridurre i primi, almeno in parte per rendere il debito accettabile da non creare sofferenza.

Non va bene pensare di rimborsare il debito e pagare gli interessi tramite un ulteriore aumento dell’imposizione fiscale o tagli ai servizi.

L’Italia ha un patrimonio pubblico stimato in 1815 miliardi, ma in realtà il patrimonio è di gran lunga superiore. Alcuni immobili, come ad esempio le palazzine ministeriali, non vengono considerati nelle valutazioni in quanto non concretamente vendibili).

Oltre a tutte le partecipazioni statali, o di intera proprietà che si potrebbero vendere sul serio.

Per non parlare dell’enorme e ingente patrimonio turistico, paesaggistico e culturale che ha un valore quasi inestimabile, che non dico che bisogna vendere ma con una liberalizzazione seria e una gestione affidata a investitori, anche stranieri, porterebbe certamente giovamento.

Bisogna pensare di vendere il patrimonio, e aprire agli investitori nel settore turistico e culturale.

Alcuni dati : gli immobili della pubblica amministrazione hanno un valore di mercato di 420 miliardi, le partecipazioni di 132 miliardi. Valgono 225 miliardi gli immobili dei comuni, 29 quelli delle province, 11 quelli delle regioni e 72 miliardi gli immobili dello stato. (Dati 2011)

Ma a bloccare queste possibilità c’è il fatto che la vendita del patrimonio pubblico con l’acquisto da parte dei privati prevede una grande immissione di liquidità all’interno del sistema economico; è infatti logico che le somme per fare gli acquisti  da parte di imprese private verrebbero richieste alle banche, e cosi  aumenterebbe la moneta in circolazione.

Tutto ciò non piacerebbe però alla BCE una volta finite le immissioni di liquidità a buon mercato.

Ma io lo farei! L’unica cosa è valutare bene la possibilità di vendere una parte consistente del patrimonio pubblico riportando il debito a valori accettabili e poi ripartire con l’indebitarsi, siccome non esistono limiti teorici all’espansione del debito pubblico.

La liquidità derivante dall’emissione di nuovo debito può consentire di rimborsare i titoli in scadenza e pagare gli interessi passivi, nonché finanziare la spesa per creare reddito, occupazione e risparmio, e quindi domanda di titoli pubblici e di conseguenza investimenti, e un nuovo periodo di crescita economica anche se basata sul debito, il quale con una gestione oculata non diventerebbe più pericoloso (Mastricht permettendo).

Arturo Di Mascio

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EURO SI, EURO NO. PARLIAMO DI MARGARET THATCHER

thatcherQuesta settimana vorrei parlare, e non sono certamente il primo, di due pensieri contrapposti sull’euro agli albori della sua nascita. Comincio da quello che a mio giudizio ritengo più autorevole e cioè al pensiero di una personalità che si schierò contro l’Euro e cioè Margaret Thatcher. Nel corso della settimana parlerò di cosa ne pensava e cosa ne pensa oggi, il meno autorevole nostrano Romano Prodi.

Margaret Thatcher sentenziò senza mezzi termini: “l’euro è un pericolo per la democrazia, sarà fatale per i paesi poveri. Devasterà le loro economie” Mentre Romano Prodi sosteneva. “con l’euro lavoreremo un giorno in meno, guadagnando come se lavorassimo un giorno in più” (ma questa idea sarà da me affrontata in un prossimo articolo).

Va ricordato che nel Regno Unito la Thatcher, la Lady di ferro, adottò provvedimenti per la lotta all’inflazione, con forti aumenti dei tassi di interesse, la riduzione della spesa pubblica, con forti tagli alla spesa sociale, la riduzione delle tasse, le privatizzazioni anzidette, le liberalizzazioni.

Ma questo drastico e forte metodo per l’economia, noto come “thatcherismo”, rilanciò il pil, l’occupazione, ridusse l’inflazione e fu cosi che il regno Unito riuscì a non essere travolto dalla crisi che invece travolse i paesi in zona euro.

Dunque la Thatcher si rifiutò di aderire all’unione monetaria e di cedere quote di sovranità a Bruxelles.

Ella definì l’euro “un pericolo per la democrazia”, non aveva alcuna intenzione di equiparare la democrazia, legata sempre e comunque a l’economia, di Londra con ad esempio Atene.

Dovette per questo affrontare lotte interne al suo partito che la portarono alle dimissioni nel novembre del 1990, dopo 11 anni e mezzo di primo ministro, che addirittura la fecero piangere.

Attacchi speculativi contro la sterlina fecero pensare subito a un grande errore della Thatcher, tanto che la popolazione britannica si tormentava di aver sostenuto in qualche modo l’idea thatcheriana.

Oggi però, la scelta della lady di ferro sembra essere invece rivalutata in positivo. Tanto e vero che anche se l’economia inglese non stia vivendo un periodo di rose e fiori, è stata però tenuta fuori dall’Area Euro e dalle sue disavventure e ciò proprio grazie a Margaret Thatcher e successivamente grazie al successore John Major, che fu suo ministro dell’Economia.

Quindi ricordiamo che Margaret Thatcher La Lady di Ferro non vedeva di buon occhio l’unione politica e burocratica di paesi completamenti diversi in metodi di vivere e cultura, ma credeva nel libero mercato, e di questo ne aveva alimentato le possibilità interne ed esterne al suo Paese.

Con Ronald Reagan aveva progettato e auspicato all’attuazione della globalizzazione economica e finanziaria, quale antidoto allo statalismo e alla sua inefficienza.

Cosa dire? “Ai posteri l’ardua sentenza!”

Io dico che aveva ragione, forse era meglio parlare di un euro come moneta virtuale di scambio, lasciando la sovranità monetaria e valutaria ad ogni stato europeo, ma siccome oggi, bando alle chiacchiere e alla propaganda, non si può uscire dall’euro, bisognerà lavorare per un sistema di sovranità monetaria, di economia globalizzata europea, tenendo conto della realtà in cui vive ogni Paese aderente.

Arturo Di Mascio

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WELFARE E SVILUPPO SECONDO ARTURO DI MASCIO

foto (27)Non so se è stato notato, e se non lo fosse stato, desidero sottolineare che fino a questo punto si parla sempre, ma sempre e soltanto di risparmi del deficit corrente, di tanti posti di lavoro e di incremento del PIL. L’esperienza ci ha però insegnato che i piani che rasentano il BEP (punto di equilibrio) si risolvono poi in risultati passivi e che quindi bisogna coniugare più interventi per essere sicuri di raggiungere l’obiettivo.

E qui arriva il punto di richiedere di smetterla con politiche monetaristiche che non fanno che deprimere il Paese, e allontanare la possibilità di un lavoro per i giovani.

 

Per dare lavoro vero, e non mezzi lavori, stages, contratti di formazione e lavoro, etc, ci deve essere sviluppo.

Sviluppo significa creare le condizioni per lo sviluppo che crea poi lavoro.

 

Senza sviluppo non si paga la pensione a nessuno.

Mille che lavorano non potranno mai pagare la pensione a 10.000.

 

Ci vuole sviluppo: il nostro piano vuole creare milioni di posto di lavoro, ma poiché conosciamo il ns. Paese, ben difficilmente il ns. piano che non è supportato da nessuna grande forza politica sarà apprezzato e fatto proprio da qualcuno.

 

Suggerisco allora, che si faccia un decreto “ROTTAMAZIONE” per alcune regioni italiane.

Non voglio rottamare nulla, solo voglio applicare con diligenza alcuni benefici di tassazione ove la situazione lavoro è più grave, ma solo per far guadagnare di più all’Erario. Esattamente come si è verificato per il decreto sulla rottamazione, criticato prima come un regalo alla Fiat e rivelatosi poi come un apportatore di imposte poi (+ 477 miliardi di lire in 5 mesi). Ci vogliono scelte coraggiose e fuori dalla tradizione.

 

In alcune regioni italiane la situazione lavoro è gravissima, ed in più in queste regioni il prodotto interno per abitante è di gran  lunga inferiore alla media nazionale.

Ho considerato di poter riequilibrare la situazione in sette anni. Come?

Con un altro decreto legge:

 

Art. 1  A decorrere dalla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del presente decreto, alle regioni in cui il Prodotto interno lordo per abitante risulti inferiore del 30% alla media delle 10 regioni con il più alto PIL per abitante, verranno attribuiti i seguenti benefici.

 

A= Ad ogni nuova impresa costituita con qualsivoglia forma societaria che rientri nell’elenco di cui sopra che verrà pubblicato ogni anno a cura della Presidenza del Consiglio, si applicherà un’imposta totale omnicomprensiva sulle persone giuridiche nell’aliquota unica del 27,5%.

B= Gli stipendi ed i salari degli assunti di queste nuove imprese verranno assoggettati ad un’aliquota previdenziale complessiva del 15%, di cui il 12,5% a carico del datore di lavoro ed il 2,5% a carico del lavoratore.

 

Art.2   A tutte le imprese già esistenti sul territorio nazionale alla data di questo decreto, indipendentemente dalla localizzazione geografica, in sede di bilancio annuale potranno considerare in detrazione d’imposta le percentuali calcolate come segue:

Per nuove assunzioni comprese fino al 5% del personale occupato calcolato alla data del 31.12.14 rispetto a quella del 31.12.2013, abbattimento di un punto nel calcolo delle imposte dovute.

Per le nuove assunzioni comprese tra il 5 e il 10%, sconto di due punti.

Tra il 10% e il 12,5%, sconto di tre punti.

Tra il 12,5% ed il 15%, sconto di 4 punti

Tra il 15% ed il 17,5%, sconto di 5 punti. Tra il 17,5% ed il 20.00%: sei punti.

Oltre il 20,00% sconto di 7 punti.

Per esemplificare: un’impresa che avesse avuto alla dichiarazione annuale dei redditi, una forza lavoro complessiva di 65 unità, ove incrementi nel corso dell’anno successivo questo numero di altri 18 lavoratori, registrerebbe un incremento di organico pari al 27,69% ed avrebbe diritto ad applicare una riduzione di 7 punti dalle normali aliquote IRPEG.

Per nuove assunzioni si intendono quelle riferentesi a lavoratori assunti con contratto di lavoro a tempo indeterminato nelle categorie normali previste dai contratti collettivi nazionali di lavoro, e quindi con esclusione dei rapporti di formazione o di stage.

 

Quale Cassandra potrebbe affermare che l’Erario ci rimetterebbe?

Una aliquota unica bassa  sta facendo la fortuna di una serie di Paesi, (Regno Unito 19%, Repubblica di San Marino 17%, Svizzera 24%,  che intelligentemente hanno capito che il  51% di zero è sempre zero, mentre, come nella ns. proposta, il 27,5% di qualcosa è sempre qualcosa.. La stessa Germania sta guardando con interesse la flat tax.

C’era un Partner europeo, l’Irlanda, che partita in condizioni peggiori dell’Italia, ha oggi quasi tutti i conti in ordine ed è divenuta in più la capitale europea dell’high tech. Grazie a che cosa? Ad una tassazione  media sui profitti del 12%.

C’è un concetto, quello del villaggio globale, che sfugge ai nostri “ragionieri” del fisco ed è sfuggito alla sinistra e ai sindacati. Lo slogan lavorare meno per lavorare tutti nella attuale realtà italiana può essere tradotto: lavorare meno per non lavorare più.

 

Noi non dobbiamo piangere per i conti dell’INPS! Dobbiamo piangere perché non c’è lavoro per i ns. figli e non c’è lavoro per i nostri figli perché la Repubblica spreme il lavoratore dipendente come un limone. Spremi oggi, spremi domani, chi può se ne va in pensione MA chi resta a lavorare per pagare la pensione a quelli i cui contributi versati sono stati bruciati dalla cassa integrazione, dai pensionamenti anticipati, dai coltivatori diretti?

 

DOBBIAMO capire che non serve avere un costo del lavoro più alto che a Montecarlo? DOBBIAMO capire che tutti i ns. industriali che vogliano continuare a stare sul mercato, dovranno per costrizione portare le loro lavorazioni all’estero!

E così le evasioni ci saranno sempre, evasioni di tecnologie nostre,evasioni di nostri prodotti, evasioni di personale evasioni di miliardi di euro nascosti in Italia e miliardi portati all’estero; non sarà certo uno scudo fiscale a risolvere un problema, non può una goccia d’acqua pulita sanare un mare inquinato….pochi in paragone entreranno e tanti se ne spenderanno in attività giudiziarie, di polizia, controllo, accertamenti, lotta alla prevenzione, casi con il fisco spesso portati in aule di tribunali, ect ect

 

Ed allora portiamogli l’estero in casa:

1 per chi è tradizionale e mi riferisco alle PMI (piccole medie imprese) facciamo installare le loro nuove aziende nelle zone ove il PIL procapite è più basso, e facciamo pagare ai nuovi assunti un’aliquota molto bassa;

2 per chi è industriale italiano e per qualsiasi azienda ESTERA, creiamo una ZONA FRANCA

 

Arturo Di Mascio

 

LE GUERRE VANNO FERMATE. SONO FOLLIA PURA.

guerraATTUALITA’: LE GUERRE VANNO FERMATE. SONO FOLLIA PURA (di Arturo Di Mascio) di Redazione il 19 luglio 2014.

E’ passato poco o più di un mese da quando Papa Francesco invitò in Vaticano i capi di stato dei due Paesi che sono in guerra, si può dire da sempre. Shimon Peres, allora ancora presidente d’Israele arrivò per primo in Vaticano, e poi arrivò Abu Mazem, presidente della Palestina, ed e entrambi sembravano davvero felici di questa splendida iniziativa del Papa. Un incontro storico che mise speranza nei cuori di tutti i cittadini del mondo che vogliono la pace. La speranza che forse era stato gettato il seme di un dialogo nuovo per chiudere un capitolo doloroso per l’umanità intera. Ma anche se fu piantato un nuovo ulivo dai convenuti all’incontro storico, la pace è ancora lontana, anzi si inaspriscono sempre più i venti di guerra. Ma Papa Francesco, non vuole arrendersi, «ha telefonato personalmente» all’ex presidente israeliano Shimon Peres e al leader palestinese Abu Mazen, insistendo che bisogna fermare il conflitto poiché in un clima di crescente ostilità, odio e sofferenza per i due popoli, si stanno avendo numerosissime vittime e dando luogo ad una situazione di grave emergenza umanitaria». Il Papa, ha voluto esternare il suo dolore anche sottolineando come a causa dei bombardamenti, le popolazioni vivono nel terrore e i bambini piangono. Cosi come dal fronte ucraino, Papa Francesco “ha appreso con costernazione la notizia della sciagura dell’aereo della Malaysian Airlines nella regione orientale dell’Ucraina, segnata da forti tensioni”, si legge nel comunicato. Il Pontefice “eleva la sua preghiera per le numerose vittime dell’incidente e per i loro familiari, rinnovando alle parti in conflitto l’accorato appello per la pace e per un impegno a trovare soluzioni di dialogo, al fine di evitare ulteriori perdite di vite umane innocenti”. E cosi via per tutte le altre guerre tra stati e interne che stanno infuocando il mondo intero. Ho fatto una mia personale riflessione e ho capito che è evidente a tutti che il crollo del muro di Berlino e la fine dei blocchi contrapposti non ha significato per nulla la pacificazione generale del mondo terrestre. L’ansia spasmodica per il controllo delle materie prime molto spesso nascosto dietro motivi religiosi, e comunque anche per motivi religiosi, mi fa pensare che bisogna fare davvero ancora molta strada per sperare di dare al mondo la speranza di vivere in pace e prosperità. Come ho già detto in un mio precedente scritto contro la fame e la povertà, ci vorrebbe la necessità di pensare a una più equa distribuzione delle ricchezze, e lo riconfermo. Cosi come per le ambizioni religiose, come ad esempio l’islam integralista che pensa a un grande Califfato che prenda Siria e Iraq, per poi conquistare il mondo seminando morte e terrore. Follia pura. Nessun Dio avrebbe mai sostenuto questo. Ora però è necessario che si attivino seriamente le strade della politica e si mettano in atto tutti gli strumenti che ci sono per far si che la gestione della situazione non debba essere affidata alla violenza e alla logica del più forte, a prescindere dalle ragioni e delle aree in conflitto. In primo luogo tocca alla UE e all’ONU, che facesse la sua parte in fretta e senza troppi giri di inutili parole. Prenda di petto la situazione e fermi queste tragedie che portano solo orrore di morti distruzioni, vendette e contro vendette. La guerra, dopo l’ultimo conflitto mondiale è stata formalmente vietata dalla Carta delle Nazioni Unite e “ripudiata” da molte costituzioni nazionali (compresa quella italiana) e questo molto spesso viene dimenticato e si danno motivazioni spesso infondate, per giustificare la necessità di un intervento militare con espressioni tipo “guerra giusta”, “umanitaria”, per “legittima difesa” o “preventiva”. Le guerre non sono mai giuste, e non ci sono vincitori e vinti, ma sono tutti sconfitti. DICIAMO NO ALLA GUERRA E BASTA! Bisogna lavorare e in fretta, anzi subito, anzi ieri, per una Pace stabile e impegnarsi per aggredire le cause sociali di sfruttamento, miseria e disuguaglianze internazionali in modo che la giustizia sociale trionfi. Qualcuno ha scritto: “Noi non siamo quelli che sognano (dormendo) un mondo senza conflitti”. Io invece lo sogno, e lo voglio sperare ancora. Papa Francesco in una delle sue prime uscite disse: “Non lasciatevi rubare la speranza”.

Arturo Di Mascio

La tutela del risparmio nell’ottica della Costituzione

images“La tutela del risparmio nell’ottica della Costituzione, ovvero come migliorare il sistema Azienda Italia”. (di Arturo Di Mascio) Immaginiamo di essere gli amministratori delegati dell’azienda Italia. Dobbiamo tenere presente che non possiamo venderla, né liquidarla né farla fallire: dobbiamo rilanciare la Società, possibilmente senza interventi cruenti. Non come si è fatto con l’Alitalia. Abbiamo ipotizzato l’Italia da un punto di vista econometrico, come se si trattasse della Conglomerata ITALIA SpA. Ne abbiamo esaminato i bilanci, e soprattutto ne abbiamo considerato i punti forti ed i punti deboli. Abbiamo provato a considerare i requisiti per l’ammissione alla moneta unica come fossero i requisiti per l’ammissione in borsa della ns. Società e abbiamo ipotizzato la nostra manovra. Chi ha fatto parte di una squadra impegnata in un business game, sa esattamente quello che intendiamo e che abbiamo messo nel campo. Quali i nostri obiettivi per l’ammissione in Borsa/o se volete per restare nel club dei Paesi di Maastricht infischiandosene dei giudizi del Financial Time, un giornalaccio che parla con superficialità di cose orecchiate? –Portare i debiti globali al 60% del ns. fatturato (il P.I.L. che cosa è se non il prodotto dell’azienda Italia?) -Azzerare il deficit corrente o tenerlo sotto il 3% del fatturato -Cercare di non aumentare i prezzi oltre la media degli altri concorrenti attualmente circa il 3% -Avere una condotta particolarmente meritevole di modo da ottenere dalle nostre Banche tassi in media con quelli in vigore nelle altre Aziende/Stati operanti sul mercato europeo La prima impostazione che abbiamo ipotizzato, in considerazione del fine propostoci di non fare manovre cruente, è che i nostri obiettivi non erano degli obiettivi assoluti, ma dei rapporti. Ora in un rapporto c’è un numeratore e un denominatore. Quando parliamo dell’obiettivo di tenere i debiti totali entro il limite del 60% del fatturato PIL, se abbiamo 70 su un fatturato di 100 abbiamo un risultato del 70%, ma se il fatturato fosse di 120, il nostro debito sarebbe contenuto al 58,33%. Molti economisti  snocciolando  le cifre della situazione di periodo sentenziano come prima cosa che bisogna ridurre i costi e quindi cercare dove si potesse tagliare, magari a partire dal personale e/o dai turnover. Ma perché non pensare di incrementare il fatturato? Che dicono le vendite? La rete vendita è completa? Tutte le regioni danno il loro margine di contribuzione? Non possiamo intervenire su quelle più lente? ….ritornando al nostro Paese, il giochino di anticipare le entrate e posticipare le spese non è che sia il massimo delle manovre di bilancio. Quello che anticipo a quest’anno mi mancherà poi l’anno prossimo e quello che posticipo l’anno prossimo, mi provocherà un appesantimento dei conti in quell’anno. Poiché l’essere entrati nella moneta unica e poi non rispettarne i parametri porta a sanzioni economiche gravissime.   Il leasing dei beni pubblici  Si è ipotizzato di mettere a leasing tutti beni d’investimento che la Repubblica realizza in un anno. Si tratta di una cifra di oltre 50 miliardi di euro che ove i beni fossero acquisiti in locazione finanziaria con contratto quinquennale per i beni mobili ad alto ammortamento ed in locazione decennale per tutti gli altri porterebbero ad un risparmio di oltre 40 miliardi.   Il criterio di esporre in bilancio solo i canoni maturati nel periodo di bilancio è accettato da EUROSTAT e non potrebbe essere che così, visto che fino al riscatto i beni sono di proprietà delle società locatrici.   Ci siamo preoccupati, in considerazione che per spuntare queste cifre di risparmio il tutto non può essere lasciato alle iniziative dei singoli enti, di ipotizzare una struttura agile che alle dipendenze della Presidenza del Consiglio, realizzi le opportune sinergie tra imprese locatrici e i vari enti destinatari dei beni stessi.   Riteniamo che l’articolato realizzi con grande concretezza grandi risparmi ma anche una velocità di investimento in grado di accrescere il nostro PIL e quindi di creare in definitiva posti di lavoro.   Eccone il testo che propongo:     DECRETO LEGGE     Art 1) A decorrere dalla pubblicazione del presente decreto sulla Gazzetta Ufficiale gli investimenti del settore pubblico (Stato, regioni, provincie, comuni, enti di proprietà degli stessi o comunque a maggioranza pubblica) per l’acquisto di beni mobili ed immobili suscettibili di utilizzazione separata dovranno essere finanziati mediante il ricorso alla locazione finanziaria.   Art 2) Gli Enti di cui all’art. 1 non potranno fare ricorso a fondi propri ne` alla Cassa Depositi e Prestiti, se non dopo aver esperito il tentativo di finanziamento presso le società di leasing in posizione regolare rispetto alle disposizioni di legge che disciplinano l’esercizio dell’attività di locazione finanziaria.   Art.3) Viene costituita una speciale Agenzia alle dipendenze della Presidenza del Consiglio dei Ministri che avrà il compito di promuovere il collocamento di domande di locazione finanziaria tra le società nella posizione prevista all’art. 2. Gli Enti Pubblici richiedenti il finanziamento dei loro investimenti, che non riuscissero con i loro mezzi a trovare soluzioni soddisfacenti, dovranno rivolgersi alla Agenzia che dovrà in 21 giorni o trovare il collocamento dell’operazione, o rilasciare al termine l’attestazione che confermi l’impossibilità di finanziare l’investimento con il ricorso alla locazione finanziaria.   Art.4) Gli enti pubblici potranno fare ricorso alle fonti tradizionali solo dopo il rilascio dell’attestazione di cui all’art. 3.   Art.5) L’Agenzia di cui all’art. 3 avrà anche il compito di stabilire con cadenza mensile e di concerto con l’ABI e l’ASSILEA il tasso nominale annuo massimo e la periodicità di rimborso dei canoni applicabili alle operazioni di leasing a seconda del loro taglio, della loro importanza, della fungibilità dei beni e delle garanzie intrinseche nell’operazione, anche se il perfezionamento delle varie operazioni sarà` di competenza delle singole società` di leasing che aderiranno alla proposta. Le società` di leasing che accetteranno le proposte dell’Agenzia corrisponderanno alla stessa una commissione dello 0,125%, che verrà utilizzata per le spese di funzionamento dell’Agenzia stessa, la cui attività verrà disciplinata con decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri.   Art.6) Le operazioni di leasing realizzate per il tramite dell’Agenzia ed alle condizioni economiche da questa segnalate non richiedono l’esperimento di alcuna altra gara in considerazione del potere dell’Agenzia di verifica della congruità dei valori dei beni richiesti in locazione.   Art.6) Le disposizioni del presente decreto avranno validità fino al 31.12.2015 e con lo spirare di tale data anche l’Agenzia verrà chiusa.   Realizzato un risparmio di spesa di oltre 40 miliardi, e risolta così l’emergenza deficit di bilancio ma con una manovra di lungo periodo che evita lacrime e sangue ed evita che la caccia ai delinquenti venga fatta con le vetture di proprietà di poliziotti e carabinieri, è giusto a questo punto affrontare il problema della composizione del nostro fatturato, sempre dipendente da materie prime altrui, abbiamo rivolto la nostra attenzione ad un   PROGETTO PAESE,   che ribaltando l’ottica dell’industrializzazione massiccia fin qui seguita, potrebbe portare alla creazione di oltre 3 milioni di posti di lavoro. La riduzione ottenuta con la manovra leasing si esaurirà nel giro di qualche anno, giusto quelli necessari per innescare il nuovo progetto.   Un progetto di ampio respiro, capace tra l’altro di risparmi per una decina di miliardi, di apporti netti sul bilancio dello Stato per oltre sessanta miliardi , di incrementi del P.I.L. per altre decine di miliardi di euro, senza contare il beneficio per i conti previdenziali che verrebbero rimpinguati dai contributi dei nuovi assunti sempre per decine di miliardi di euro Il progetto potrebbe innescare nel Paese un nuovo periodo di benessere e stabilità sociale, UN PROGETTO PER  L’ ITALIA.   L’ITALIA è il bel Paese che il mar circonda e l’Alpe. Parliamo di 7500 Km di coste coronate a nord dalle Alpi e percorse al centro dall’Appennino.   Nel bel mezzo circa il 70 (o l’85% ?) del patrimonio artistico mondiale. Attenzione: Mondiale. Il che significa che se i popoli della Terra desiderassero vederli tutti, miliardi di viaggiatori dovrebbero venire nel nostro Paese a vederli.   Il numero dei turisti che visita il ns. Paese può sembrare elevato, ma così non è perché composto per circa il 40% da escursionisti… e poi tornano a casa, perché ? Perché realmente non sappiamo quello che abbiamo in casa.   Quale l’idea? Copiamo il Vaticano. Il restauro della Cappella Sistina non è costato una lira alle finanze vaticane. E’ stato finanziato dai giapponesi che hanno avuto in contropartita l’uso dell’immagine: esattamente come per le partite di calcio. Ebbene, il rientro dei finanziamenti è avvenuto in maniera molto più celere di quanto gli stessi giapponesi avessero previsto.   L’ipotesi è quella di dividere l’Italia in comprensori turistico-artistici e di darli in concessione con una regolare asta internazionale o assegnazione diretta ad un investitore designato che ne ha fatto richiesta scritta. Obbligo del concessionario:

  1. un inventario da redarsi in contraddittorio con la locale Sovraintendenza alle Belle Arti alla presenza di un ufficiale del locale comando dei carabinieri o della guardia di finanza.(l’esperienza insegna che più occhi e più responsabilità aiutano a fare meglio i controlli);
  2. assicurare la manutenzione ordinaria e straordinaria di tutti i beni compresi nell’inventario di cui al punto precedente;
  3. presentare entro sei mesi dall’assegnazione il piano per l’utilizzazione del comprensorio in concessione. Il piano viene presentato alla Regione ove si trova il comprensorio e la Regione deve entro 45 giorni dare risposta richiedendo eventuali modifiche o integrazioni;
  4. il tutto farà capo ad una agenzia diretta dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri composta da uno staff tecnico di professionisti;
  5. la durata della concessione può essere 48 mesi, 60 mesi, 120 mesi;
  6. il contatto tra l’agenzia e il concessionario deve essere collateralizzato a garanzia  delle somme che spetteranno all’agenzia.

    Il comprensorio turistico- artistico è un’area omogenea sul cui territorio il concessionario può richiedere di installare a proprie spese opifici sia per la migliore utilizzazione delle opere d’arte, che alberghi, infrastrutture e quanto altro possa agevolare la migliore fruizione del complesso dato in concessione; egli ne curerà la manutenzione straordinaria e ordinaria e utilizzerà solo mano d’opera locale. Importante: ogni contratto ha un valore certo essendo sostenuto da un collaterale bancario; questi possono essere depositati in una principale banca e con un’operazione di factoring garantito e/o cartolarizzazione si possono ottenere immediatamente le somme anche se con uno sconto di attualizzazione; queste somme possono essere incamerate dallo Stato, meno la commissione per l’Agenzia; niente più costi ma solo entrate. Facciamo un esempio: ipotizziamo che sia stato definito il comprensorio di Pompei che comprenderà la zona degli scavi, il santuario e una certa parte della superficie comunale. Orbene il concessionario della zona potrebbe proporre la costruzione di alberghi, ristoranti, la realizzazione di nuove strade, parcheggi, e financo una Pompeiland, ove ricostruire e far rivivere la città distrutta con le sue case, le sue taverne ed evidentemente senza lupanari. Avremmo cioè la zona degli scavi, restaurati a cura del concessionario, più una nuova città con i suoi alberghi, ristoranti, parcheggi, strade con taxi bighe, etc. Qualcuno, o forse anche molti, potranno storcere il naso, ma trasformeremmo un turismo pendolare in un turismo stanziale. Vedere i visitatori di Walt Disney Paris per credere. Considerando che nelle attuali condizioni il comprensorio di Pompei Paestum ha avuto circa 3,2 milioni di visitatori, si potrebbe giungere a 10 milioni di visitatori. Considerando il da farsi ed i tassi di disoccupazione locali, è verosimile una previsione da circa 4.000 fino a 10.000 posti di lavoro che sarebbero impegnati prima nei lavori di costruzione per la realizzazione sul posto di un centinaio di alberghi da 100 stanze, ristoranti, negozi, boutiques, nella ricostruzione di Pompeiland, strade, parcheggi, nella gestione del tutto, nella manutenzione e nel restauro, nei servizi di sicurezza e in tutto quel coacervo di servizi necessari per soddisfare i desideri ed i bisogni di 10 milioni di visitatori. Se proviamo ad immaginare 30 comprensori assegnati  all’asta ad un valore minimo medio di 2 miliardi anno avremmo incrementato il nostro PIL di 60 miliardi anno più il risultato dato dall’attività dei comprensori. Potremmo raddoppiare  il numero dei turisti e quindi creare centinaia di migliaia di posti di lavoro, che contribuirebbero anche loro all’aumento del PIL che potrebbe incrementarsi di ben 6 punti. I soliti critici pirroniani, come hanno già fatto per le Olimpiadi, potrebbero stracciarsi le vesti accusandoci di voler mercificare il nostro patrimonio. Certo che si anche se su questa idea c’è da lavorare e molto considerando che i patrimoni appartengono alle Regioni e parzialmente allo Stato, ma da chi vanno a ricorrere le Regioni se non ce la fanno con la loro gestione ordinaria? Allo Stato sempre e quindi un bel tavolo operativo tra Regioni e Stato potrebbe portare a fantastici risultati. Quello di far rendere quello che il buon Dio e la storia ci hanno dato. Che la Germania non vende il suo carbone? Che i Paesi Arabi non vendono i loro petrolio? Noi desideriamo trasformare i costi per la gestione di un patrimonio, tra l’altro fruito da tutti e che oggi sta andando in rovina per mancanza di fondi, in un’occasione di guadagno per l’erario e di lavoro per i ns. giovani, assunti realmente da terzi e non a carico, in maniere più o meno camuffate, del bilancio pubblico. Noi vogliamo moltiplicare i proventi del turismo creando ovviamente le necessarie infrastrutture, senza le quali i turisti non possono arrivare. Quando Zapatero dice con soddisfazione di averci superato, non dice una boutade. Prendete un aereo, andate a Malaga: scenderete in un aeroporto nuovissimo ed efficiente. Senza uscire dall’aeroporto potrete nel sotterraneo prendere una autovettura a noleggio e come uscirete dall’area aeroportuale vi immetterete in una autostrada che può portarvi fino a Gibilterra, autostrada che si raccorda con vie di uscita che vi porteranno sempre su un percorso autostradale nelle vicinanze del vs albergo  per il quale avrete avuto difficoltà di scelta, tanti ve ne sono. Ma quello che sicuramente sapete, è che non si tratta di alberghi vuoti, ma strapieni con prezzi estremamente competitivi e quando la sera, andrete a cercare un ristorante, avrete anche qui difficoltà a trovare un posto libero, e non perché non vi siano ristoranti.  Ve ne sono tantissimi che offrono “pescado” fresco ai prezzi cui da noi si offre del surgelato. Sono semplicemente tutti pieni e vi toccherà attendere in fila. Un sogno per la maggior parte dei ristoratori italiani. Il ns. PROGETTO PAESE non potrebbe svilupparsi senza la previsione di completare quelle opere autostradali essenziali quali la Salerno Reggio Calabria con il ponte sullo stretto per unire finalmente la Sicilia al continente, il corridoio tirrenico per evitare  che il minimo tamponamento sul tratto appenninico dell’A1 tagli l’Italia in due, e l’aumento delle corsie sui tratti di tangenziale di Milano, Roma e Napoli già oggi ingolfati di traffico e in più realizzare almeno  4 nuovi aeroporti “leggeri”  adatti però all’atterraggio di voli intercontinentali,che potrebbero essere costruiti in prossimità delle città d’arte: Firenze, Pompei/Salerno, Roma, Palermo/Taormina e gestiti integralmente da chi ci offrirà le migliori royalties. Nelle zone servite  dai nuovi aeroporti, dovranno essere costruiti nuovi hotels che potrebbero essere gestiti eventualmente dal medesimo gestore degli aeroporti, con un modulo standard capace di coniugare decoro e servizi ad un prezzo a livello della catene francesi attive in questo segmento. 1 La zona di  Pompei, Caserta, Capri, Paestum ha avuto lo scorso anno oltre 5 milioni di visitatori. Di questi circa 3 milioni di persone sono stati costretti ad arrivare da Roma Fiumicino senza possibilità locali di ricezione.  2 Firenze nelle sue varie gallerie ha visto il passaggio sempre di oltre 5 milioni di visitatori. Di questi, circa 3 milioni, ove giunti in aereo, sono atterrati a Roma/Fiumicino o a Malpensa, o in altri aeroporti minori collegati con voli Low Cost con altre città europee.  3 Roma, utilizzando lo stesso sistema di calcolo, ha visto tra musei vaticani e nazionali, 11.000.000 circa di visitatori/presenze cifre che giustificano una pista che potrebbe essere collocata tra la via Cassia e Flaminia, o a ridosso dell’attuale collegamento ferroviario Fiumicino-Orte. 4 In Sicilia si tratterebbe di un aeroporto da collocarsi tra Caltanissetta ed Enna, a ridosso dell’autostrada che collega Enna a  Catania e a Palermo passando per Messina. La Valle dei Templi sarebbe a 50 km, idem i mosaici di Piazza Armerina. Palermo sarebbe raggiungibile in 45 minuti, egualmente Taormina.       Che dire dei costi di progettazione e realizzazione infrastrutture ai punti di cui sopra? Se in Italia abbiamo ancora qualcosa che può essere speso è il ns. sistema bancario. Ecco la procedura finanziaria: 1.La Banca Centrale del Paese (Italia in questo caso) che sarà finanziato emette un Security Bond o Global Bond dell’intero valore del progetto, scadenza 1 anno, rinnovabile per 10 anni, a garanzia del finanziamento richiesto. Prima dell’emissione dello strumento bancario, Dynamic ha bisogno di ricevere il draft/testo per controllarne la forma e l’autorizzazione del Ministero delle Finanze.  2.Occorre che venga comunicato nome banca emittente, se diversa dalla Banca Centrale del Paese (valutazione rating e rischio).   3.La  Banca emittente trasferisce il Bond su propria Banca Corrispondente Europea su account dello Stato stesso o agenzia appositamente costituita.  4. La Banca Corrispondente incamera il Bond nel proprio Monte Titoli, quindi in carico contabilmente e sulla base di questo invia alla Banca che Dynamic designerà un SKR o un CD a garanzia, tramite MT760 full banking responsibility. 5.La Banca ricevente accrediterà l’operazione pari al 70% del valore facciale della garanzia (CD – SKR) [segue come parte integrante della procedura finanziaria testo del CD e del SKR].   6.Il 70% sarà utilizzato per finanziare l’intero progetto ad avanzamento lavori (SAL) dal 45° giorno. A questo proposito verrà realizzato ad hoc un financial plan per la realizzazione del progetto in questione. 7.Il Paese Italia beneficiario del finanziamento non dovrà restituire detto finanziamento (quota capitale) ma solo ed esclusivamente interessi pari al 5% annuo per 5 anni a Banca designata da Dynamic. 8.Il Paese Italia a fronte capitale cederà un 25% delle quote del  progetto e quindi del suo profitto per 10 anni a Dynamic First Sa quale General contractor ma non gestore del progetto. 9.Una volta che il progetto è realizzato, ma non prima di 5 anni, la Garanzia (CD-SKR) ritorna alla Banca Corrispondente Europea e questa restituisce il BOND alla Banca Emittente del Paese Italia. 10.L’operazione è quindi a costo zero quale sorta capitale, o meglio a fondo perduto. 11.Alla firma del contratto saranno stabilite le competenze iniziali per l’Agenzia e per Dynamic quale costo e spese di elaborazione progetto finanziario   SEGUONO DRAFT TESTI     ————————— MESSAGE TEXT SKR VIA MT 760 —————————- 20: TRANSACTION CODE : 23: FURTHER IDENTIFICATION REQUEST: 30: DATE 01/03/2009 (DAY)   We, the undersigned, ( Issuing Bank ) , of ( Full Address ) with the authorized authority HEREBY confirm irrevocably and unconditionally without protest or notification that we have in Safekeeping Certificates of Deposit to the order of Mr/Company for with numbers    issued on    and expiring on The insured value of the certificate of deposit in our Safekeeping is EUR 000,000,000.00 ; The asset backing this Safekeeping Receipt is the following asset: legally earned funds, clean, cleared and of non-criminal origin The certificate of deposit are blocked in favour of  until their maturity date fixed on This Safekeeping Receipt is irrevocable, non-transferable, negotiable without notification to us or payment of any transfer fees.   This Safekeeping Receipt shall be governed by and shall be construed in accordance with the Laws ofand is subject to the uniform Customs and Practices for Documentary Credits and the latest revisions of ICC publication N. 500/600 For and on behalf of the issuer this     day of WE HEREBY IRREVOCABLY SEND THIS ASSET FOR THE BENEFIT OF YOUR ACCOUNT HOLDER, AS FOLLOWS:   BANK NAME BRANCH BANK ADDRESS PHONE/FAX/E-MAIL BANK OFFICER SWIFT CODE ACC. HOLDER ACC. NUMBER   _____________________________________________________________________   THIS CONFIRMATION OF SENDING OF ASSET IS GOVERNED BY THE ‘UNIFORM CUSTOMS AND PRACTICES’UCP AND BY THE INTERNATIONAL CHAMBER OF COMMERCE, PARIS, FRANCE, LATEST REVISION OF PUBLICATION 500. FOR AND ON BEHALF OF ISSUING BANK BANK OFFICER: BANK OFFICER: PIN:               PIN: 72: SENDER TO RECEIVER INFORMATION KINDLY ACKNOWLEDGE RECEIPT AND INFORM US THE DATE OF ADVISING THE ACCOUNT HOLDER ————————– MESSAGE TRAILER ————-————-     CERTIFICATE OF DEPOSIT (Specimen verbiage)   City, date : To : (CD) Account holder : (CD) Account number : (CD) Beneficiary : Currency : Face amount : Location : Maturity date reg. :   FOR VALUE RECEIVED, WE THE UNDERSIGNED, BEING AUTHORIZED OFFICERS OF, AND ON BEHALF OF_____________________ (Bank/Address/Country), HEREBY IRREVOCABLY AND UNCONDITIONALLY CONFIRM, WITH FULL BANK RESPONSIBILITY, THAT YOU HAVE ON DEPOSIT IN THE ABOVE NOTED DEPOSIT ACCOUNT, ASSETS EQUIVALENT IN EURO OF NOT LESS THAN THE AMOUNT OF …. HUNDRED MILLION EURO ……………. FREE  AND CLEAR OF ALL ENCUMBRANCES OR LIENS. AND FURTHERMORE, WITHOUT PROTEST OR NOTIFICATION, AND WAIVING ALL RIGHTS OF OBJECTION, WE UNDERTAKE TO PAY AT MATURITY DATE OF THIS CERTIFICATE OF DEPOSIT TO THE ORDER OF THE ACCOUNT HOLDER, ANTONIO CARERI, FOR THE BENEFIT OF THE BEARER HEREOF, IN THE LAWFUL CURRENCY OF THE EUROPEAN UNION, THE PRINCIPAL SUM OF EURO or USD ….. HUNDRED MILLION (US$ 500’000’000.00) UPON PRESENTATION AND SURRENDER OF THIS CERTIFICATE OF DEPOSIT AT THE OFFICES OF__________________(Bank/Address/Country). SUCH PAYMENT SHALL BE MADE WITHOUT SET-OFF AND FREE AND CLEAR OF ANY DEDUCTIONS OR CHARGES, WITHHOLDINGS OF ANY NATURE NOW OR THEREAFTER, IMPOSED, LEVIED, COLLECTED, WITHHELD OR ASSESSED BY THE GOVERNMENT OF …………………… OR  ANY POLITICAL SUBDIVISION OR AUTHORITY THERE OF OR THEREIN. THIS CERTIFICATE OF DEPOSIT IS ASSIGNABLE, DIVISIBLE AND FREE TRANSFERABLE WITHOUT PRESENTATION OF IT TO US, AND WITHOUT PAYMENT OF ANY FEES WHATSOEV   Yours truly, Authorized Signature                      Authorized Signature   Bank Officer 1: Name/Title                Bank Officer 2: Name/Title   Seal                                      Seal

Quanto sopra, può essere utilizzato dal Paese Italia nei confronti di quei Paesi verso i quali si trova in una posizione di debito, alla quale dovrà versare un certo importo trasformato in opere entro il periodo di 20 anni. Possiamo definire la faccenda subito; la Banca Centrale emette un BOND nella totalità del valore a debito con il Paese prescelto, con autorizzazione Ministero delle Finanze/Stato, segue il processo finanziario di cui sopra ed il 70% sarà utilizzato per la costruzione delle opere. Il capitale pertanto è preservato, a parte un 5% all’anno di interessi per 5 anni, ed il 25% che dovrebbe essere dovuto alla Dynamic quale percentuale dell’opera/gestione potrà essere trasformato in altri privilegi o servizi. (Ns scelta e ciò dipende dal rischio Paese e /o situazioni geo politiche e/o Istituzionali in corso inerenti il Paese beneficiario del finanziamento).

IL WELFARE Non sappiamo se è stato notato, e se non lo fosse stato, qui desideriamo sottolineare che fino a questo punto non abbiamo mai parlato di esborsi ma sempre e soltanto di risparmi del deficit corrente, di tanti posti di lavoro e di incremento del PIL. L’esperienza ci ha però insegnato che i piani che rasentano il BEP (punto di equilibrio) si risolvono poi in risultati passivi e che quindi bisogna coniugare più interventi per essere sicuri di raggiungere l’obiettivo. E qui arriva il punto di richiedere di smetterla con politiche monetaristiche che non fanno che deprimere il Paese e allontanare la possibilità di un lavoro per i giovani. Bene il provvedimento sugli straordinari ma è un mezzuccio. Per dare lavoro vero, e non mezzi lavori, stages, contratti di formazione e lavoro, etc, ci deve essere sviluppo. Sviluppo significa creare le condizioni per lo sviluppo che crea poi lavoro. Senza sviluppo non si paga la pensione a nessuno. Mille che lavorano non potranno mai pagare la pensione a 10.000. Ci vuole sviluppo: il nostro piano vuole creare milioni di posti di lavoro ma poiché conosciamo il ns. Paese, ben difficilmente il ns. piano che non è supportato da nessuna grande forza politica sarà apprezzato e fatto proprio da qualcuno.   Suggeriamo allora, che si faccia un decreto “ROTTAMAZIONE” per alcune regioni italiane. Non vogliamo rottamare nulla, solo vogliamo applicare con diligenza alcuni benefici di tassazione ove la situazione lavoro è più grave, ma solo per far guadagnare di più all’Erario. Esattamente come si è verificato per il decreto sulla rottamazione, criticato prima come un regalo alla Fiat e rivelatosi poi come un apportatore di imposte poi (+ 477 miliardi di lire in 5 mesi). Ci vogliono scelte coraggiose e fuori dalla tradizione.                           In alcune regioni italiane la situazione lavoro è gravissima, ed in più in queste regioni il prodotto interno per abitante è di gran lunga inferiore alla media nazionale. Abbiamo considerato di poter riequilibrare la situazione in sette anni. Come? Con un altro decreto legge:   Art. 1   A decorrere dalla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del presente decreto, alle regioni in cui il Prodotto interno lordo per abitante risulti inferiore del 30% alla media delle 10 regioni con il più alto PIL per abitante, verranno attribuiti i seguenti benefici. A= Ad ogni nuova impresa costituita con qualsivoglia forma societaria che rientri nell’elenco di cui sopra che verrà pubblicato ogni anno a cura della Presidenza del Consiglio, si applicherà un’imposta totale omnicomprensiva sulle persone giuridiche nell’aliquota unica del 27,5%. B= Gli stipendi ed i salari degli assunti di queste nuove imprese verranno assoggettati ad un’aliquota previdenziale complessiva del 15%, di cui il 12,5% a carico del datore di lavoro ed il 2,5% a carico del lavoratore. Art.2 A tutte le imprese già esistenti sul territorio nazionale alla data di questo decreto, indipendentemente dalla localizzazione geografica, in sede di bilancio annuale potranno considerare in detrazione d’imposta le percentuali calcolate come segue: Per nuove assunzioni comprese fino al 5% del personale occupato calcolato alla data del 31.12.14 rispetto a quella del 31.12.2013, abbattimento di un punto nel calcolo delle imposte dovute. Per le nuove assunzioni comprese tra il 5 e il 10%, sconto di due punti. Tra il 10% e il 12,5%, sconto di tre punti. Tra il 12,5% ed il 15%, sconto di 4 punti Tra il 15% ed il 17,5%, sconto di 5 punti. Tra il 17,5% ed il 20.00%: sei punti. Oltre il 20,00% sconto di 7 punti. Per esemplificare: un’impresa che avesse avuto alla dichiarazione annuale dei redditi, una forza lavoro complessiva di 65 unità, ove incrementi nel corso dell’anno successivo questo numero di altri 18 lavoratori, registrerebbe un incremento di organico pari al 27,69% ed avrebbe diritto ad applicare una riduzione di 7 punti dalle normali aliquote IRPEG. Per nuove assunzioni si intendono quelle riferentesi a lavoratori assunti con contratto di lavoro a tempo indeterminato nelle categorie normali previste dai contratti collettivi nazionali di lavoro, e quindi con esclusione dei rapporti di formazione o di stage. Quale Cassandra potrebbe affermare che l’Erario ci rimetterebbe? Una aliquota unica bassa sta facendo la fortuna di una serie di Paesi, (Regno Unito 19%, Repubblica di San Marino 17%, Svizzera 24%, che intelligentemente hanno capito che il 51% di zero è sempre zero, mentre, come nella ns. proposta, il 27,5% di qualcosa è sempre qualcosa. La stessa Germania sta guardando con interesse la flat tax. C’era un Partner europeo, l’Irlanda, che partita in condizioni peggiori dell’Italia, ha oggi quasi tutti i conti in ordine ed è divenuta in più la capitale europea dell’high tech. Grazie a che cosa? Ad una tassazione  media sui profitti del 12%. C’è un concetto, quello del villaggio globale, che sfugge ai nostri “ragionieri” del fisco ed è sfuggito alla sinistra e ai sindacati. Lo slogan lavorare meno per lavorare tutti nella attuale realtà italiana può essere tradotto: lavorare meno per non lavorare più. Noi non dobbiamo piangere per i conti dell’INPS! Dobbiamo piangere perché non c’è lavoro per i ns. figli e non c’è lavoro per i nostri figli perché la Repubblica spreme il lavoratore dipendente come un limone. Spremi oggi, spremi domani, chi può se ne va in pensione MA chi resta a lavorare per pagare la pensione a quelli i cui contributi versati sono stati bruciati dalla cassa integrazione, dai pensionamenti anticipati, dai coltivatori diretti? DOBBIAMO capire che non serve avere un costo del lavoro più alto che a Montecarlo? DOBBIAMO capire che tutti i ns. industriali che vogliano continuare a stare sul mercato, dovranno per costrizione portare le loro lavorazioni all’estero! E così le evasioni ci saranno sempre, evasioni di tecnologie nostre, evasioni di nostri prodotti, evasioni di personale evasioni di miliardi di euro nascosti in Italia e miliardi portati all’estero; non sarà certo uno scudo fiscale a risolvere un problema, non può una goccia d’acqua pulita sanare un mare inquinato….pochi in paragone entreranno e tanti se ne spenderanno in attività giudiziarie, di polizia, controllo, accertamenti, lotta alla prevenzione, casi con il fisco spesso portati in aule di tribunali, ect ect   Ed allora portiamogli l’estero in casa: 1 per chi è tradizionale e mi riferisco alle PMI (piccole medie imprese) facciamo installare le loro nuove aziende nelle zone ove il PIL procapite è più basso, e facciamo pagare ai nuovi assunti un’aliquota molto bassa; 2 per chi è industriale italiano e per qualsiasi azienda ESTERA, creiamo una ZONA FRANCA                      

OFF – SHORE, IL SOGNO DI OGNI ITALIANO…e non solo Tu caro Senatore hai pensato a Bolzano, noi avevamo in mente  TRIESTE..ma poco cambia..occorre farle le cose…già a suo tempo in questa materia risolutiva toppò Prodi, ora forse è il momento buono. Una scommessa, la voglia di tornare grandi, perché “la crisi si fa sentire”. Un sogno che che sa di ricchezza e di velocità. Off-shore. Un sogno di imprese, denaro, lavoro. Un sogno senza balzelli, un sogno esentasse. Un sogno che per che per Bonn è un incubo. Il paradiso fiscale immaginato da Trieste ha l’ imperdonabile colpa di “adescare” con il suo fascino e col profumo dei soldi le imprese tedesche, austriache e svizzere sottraendo così “ingenti introiti” al fisco di questi Paesi, la paura che le loro risorse finanziarie sfuggano al controllo dei loro istituti di credito. Trieste, con le vicine Venezia e Capodistria, una finestra affacciata ad un nuovo scenario, la “città franca”, dotata di larghe autonomie, il progetto dell’ off-shore, per richiamare in città gli operatori economici, dare nuovi posti di lavoro, e rivitalizzare l’intera economia della città. Occorre una legge per aiutare le aree di confine. L’ idea non è solo quella di un centro di affari rivolto soprattutto ai paesi ex comunisti che hanno appena imboccato la via della transizione al capitalismo; L’off-shore è un “Centro internazionale di servizi finanziari e assicurativi”, potrà ospitare banche, borse merci e valute, assicurazioni e società finanziarie e raccogliere fondi sui mercati internazionali; abbiamo nel cassetto domande da diversi paesi, ed anche dalla Germania, di operatori finanziari che intendono salire (qualche centinaio), non appena partirà il progetto, e circa 56.000 tra aziende, professionisti, agenzie di servizi,compagnie immobiliari e imprese di costruzioni.

TUTTI I VANTAGGI PER LE IMPRESE SOGGETTI BENEFICIARI – Istituzioni creditizie, società di intermediazione mobiliare, assicurazioni e società finanziarie che raccolgono fondi sui mercati internazionali presso non residenti da utilizzare unicamente fuori del territorio dello Stato italiano con non residenti BENEFICI FISCALI – Esclusione dall’Irpeg, e di tutte le imposte locali sui redditi, imposte indirette sugli affari: applicazione di una aliquota fissa sugli interessi che percepiranno dagli istituti di credito e assicurativi (12x 1000) ALTRI BENEFICI – Chi opera non sarà considerato residente in Italia ai fini valutari e bancari. Lo Stato Italiano è PATROCINATORE di tutto questo, ed attraverso una sua AGENZIA DELLE ENTRATE in loco che agisce da CONTROLLER incamera un fisso tutti gli anni. I vantaggi non saranno comunque pochi: nonostante esenzione totale dell’ Irpeg, delle altre imposte sui redditi, ed il privilegio della “extraterritorialità valutaria” per le aziende, si porrà un limite gli investimenti e ai prestiti i quali non potranno superare complessivamente i 7 mila miliardi, e su questi l’AGENZIA incamera una % pari a ………e i benefici fiscali non supereranno i 65 miliardi e su questi l’AGENZIA incamera una % pari a…… Prendiamo lo Stato del Delawere a STATUTO SPECIALE: -chi ha la sede paga una tassa fissa sulla sede, quella che da noi è la TASI ora -chi ha il domicilio, paga un importo fisso all’anno di domiciliazione, ipotizziamo 3.500€ -si paga una tassa di iscrizione una tantum, ipotizziamo 8.000€ -si paga una tassa di registro ogni anno, ipotizziamo 4.000€ -si paga il revisore dello Stato Italiano che chiude la contabilità di ogni iscritto 2.000€ e detto revisore deposita il documento contabile alla AGENZIA che equivale ad una denuncia dei redditi -si pagano a postille (3.500€) e notarizzazioni (4.000€) su tutti i documenti di contratto, fatture e bolle di trasporto, stampa di documenti societari, autorizzazioni e good standing, atti di compravendita mobiliari e immobiliari, tassa di successione immobiliare o mobiliare (i notai locali saranno anche avvocati e tratterranno una % del 20 quale loro compenso) *(moltiplicate i dati di cui sopra per circa 3.000.000 di imprese iscritte) -non è obbligatoria la stabile impresa, non si depositano bilanci, ma ogni nominativo è identificato e non può essere nascosto da fiduciarie; non si paga bollo auto, canone RAI e IVA. La TASI sarà una tantum alla delibera di abitabilità pari a 5.000€. CONTI CORRENTI BANCARI CERTIFICATI DI DEPOSITO E/O MONTE TITOLI LIBRETTI A RISPARMIO POLIZZE ASSICURATIVE OPERE DI VALORE AZIONI E OBBLIGAZIONI ATTI DI PROPRIETA’. Tutto questo sarà inviato bank to bank, obbligatoria l’origine dei fondi e il legittimo possesso. Dato che non si pagheranno tasse, né anticipi sui dividendi, l’iscritto (solo società, quindi le persone fisiche e le imprese che vorranno godere dei benefici della zona franca, dovranno obbligatoriamente creare una impresa che per le persone fisiche funge da trust di famiglia e per le imprese funge da holding di partecipazioni) dovrà impiegare il 10% del suo capitale per lo sviluppo dell’agricoltura in Italia; non sono a perdere, ma un investimento che renderà un profitto pari al 4% netto all’anno. Il perché dell’abbandono delle terre. Questa preziosa funzione dell’agricoltura è stata sempre colposamente trascurata, lasciando spopolare colline e montagne per mancanza di redditi adeguati e capaci di trattenere un’attività agrosilvo-pastorale. Oggi, i calcoli sui costi e sul valore di quelle attività portano a cifre elevate che complessivamente nessuna struttura pubblica sarebbe in grado di sostenere, per di più con altrettanta attenzione, tempestività e continuità. Ciò è stato ripetutamente verificato e puntualmente riconosciuto tutte le volte che gli agricoltori sono stati costretti ad abbandonare i loro campi le imprese, applicando regolamenti e direttive hanno subìto anche un notevole incremento dei controlli sull’attività agricola e l’introduzione di vincoli normativi e rigidità applicative che impongono maggiori costi ed oneri burocratici. Mentre da una pubblica amministrazione ci si sarebbe aspettato uno stimolo alla modernizzazione e innovazione diretto a premiare la capacità ed il talento, favorendo l’agricoltura intesa come attività di pubblico interesse a tutela del territorio, del suolo e delle acque. L’area della zona Franca lo deve essere per eccellenza. Sarà installato (ns. brevetto) un impianto di smaltimento rifiuti, impatto ambientale ZERO, per produrre energia (1 ton di rifiuti produce 1,5 MWatt di energia e 400 lt. Di jet fuel-benzina che può essere venduta a 16 cent il litro).