Vince l’astensionismo

da navecorsara.it

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C’è chi su La7 stamattina l’ha definito come un “Renzi contro il resto del mondo”. Io lo rinominerei “utile contro futile”. Certo, il nostro caro presidente del consiglio sta riuscendo a trasformare in un caso di stato – letteralmente – qualcosa che poteva passare in sordina. Così come oltre cinquanta milioni (una cifra enorme) di Italiani hanno scelto di trattare la questione.

E invece tra “ciaoni” e baruffe con il governatore della Puglia, Michele Emiliano, diamo l’ennesimo sfoggio da corpo sociale decadente e decaduto. Addirittura all’interno dello stesso partito fioccano i battibecchi da oca giuliva:
“Il governo aveva tentato un’operazione segreta: inserire nello Sblocca Italia norme che avviavano la trivellazione nelle 12 miglia. Quando abbiamo provato a discutere, il governo non ci ha ricevuto. E solo di fronte al referendum si è dovuto fermare, bloccando le nuove trivellazioni entro le 12 miglia. Un successo enorme” perché “un popolo si è ribellato, da oggi il premier farà i conti con me” aggiunge Emiliano a Repubblica.

Ma quali conti? Continueremo a utilizzare riserve energetiche che la natura ha già predisposto attorno al nostro suolo. Intanto, svilupperemo energie sostenibili senza l’ansia di portare a termine corse alle quali avremmo dato una deadline esorbitatamente anticipata.
Perché il futuro è green, certo. Ma è anche coi piedi ben piantati per terra.

Renzi? Emiliano? Su un altro pianeta.

17 Aprile. Sembra il tempo delle misure decisive

Tra pochi giorni vi sarà il referendum del 17 aprile che sancirà il destino dell’ambiente da un lato e dell’escavazione del petrolio dall’altro.

La questione petrolio sfocia su ambiti ancor più grandi e rilevanti difatti nella data suddetta avverrà un altro importante evento: tutti i 13 membri dell’OPEC (Organizzazione dei Paesi Esportatori di Petrolio) insieme a Russia, Messico e altre cinque Nazioni non facenti parte dell’OPEC prenderanno parte ad un meeting  dove i leader di queste nazioni discuteranno un accordo volto a congelare la produzione di petrolio ai livelli di gennaio. Alcuni investitori si dicono fiduciosi in merito a questo incontro altri invece hanno già mostrato nei giorni precedenti dei dubbi concreti su un risollevamento anche economico di questo genere. Dubbi che nascono probabilmente dalla bassa quantità di domanda rispetto all’offerta , ma anche da un altro aspetto importante che riguarda l’economia, cioè l’inflazione registrate dalle Banche.

A questo proposito vorrei riportare alcuni pensieri del nostro Ministro dell’Economia Piercarlo Padoan che si rifà sempre anche ad una ormai impiantata problematica economica del nostro Paese. Afferma, ad un domanda del sole 24 ore su i dubbi degli investitori, che i mercati non dispongono ancora di un quadro completo, visto che il lancio del fondo è appena stato annunciato, e questa mancanza di informazioni si traduce in nervosismo. Forse, e dico forse, parla dello stesso nervosismo di tutti quegli italiani che da troppo tempo risentono di una mancata stabilità economica.
Ma per il nostro ministro tutto andrà bene, anzi si parla addirittura di un passo importante per l’Italia che colmerà vuoti e ritardi. Se qualcuno non avesse ancora capito di cosa stiamo parlando, chiarisco subito le idee.

Giorni fa il nostro premier ci ha parlato del Fondo Atlante. Che il suo nome ci faccia partire prevenuti riconducendolo alla  sua storia mitologica è fatto concreto, ma che le parole di Renzi ci sembrano ormai stonate è ancor più veritiero: “ha preso il via il fondo che investirà negli aumenti di capitale richiesti dalla BCE e che rileverà anche una quota non marginale dei crediti in sofferenza”. Da quello che scrivono alcune firme su il Sole 24 ore, e da quello che ormai continuiamo ad ascoltare su tale progetto è che il fondo sarà gestito da una sgr privata e sarà finanziato da capitali privati su basi esclusivamente volontaria. Adesso il mio dubbio a differenza degli investitori è solo uno: questi finanziamenti privati non avranno mica ‘un so che’ di pubblico? O un ‘non so che’ di deficit?

da ansa.it

da ansa.it

Ancora pensioni? Questa volta solo concretezza

Avevo già precedentemente scritto di un’agevolazione per le pensioni proposta da un fantomatico venditore di tappeti. Oggi l’argomento è lo stesso ma ci soffermiamo su qualcosa di più tangibile e concreto che può maggiormente interessare alcuni di voi.

Mi riferisco a ciò che ha portato a termine il  ministro del Lavoro, Giuliano Poletti il quale ha firmato il decreto che disciplina le modalità della norma introdotta dalla legge di Stabilità 2016 che riguarda i lavoratori del settore privato – assunti a tempo indeterminato e orario pieno, che abbiano versato 20 anni di contributi (requisito minimo per la pensione di vecchiaia) e che maturano il requisito anagrafico entro il 31 dicembre 2018 – così scrive il giornale Repubblica.
Il suddetto decreto è riconosciuto come “invecchiamento attivo” ed essendo stato trasmesso ieri alla Corte dei Conti diventerà operativo dopo la registrazione.
Probabilmente ne passerà ancora di tempo ma a dispetto di quanto ne viene sprecato nell’ultimo periodo su in Governo, siamo disposti ad attendere quando si tratta di ipotetici miglioramenti.

Intanto ciò che i giornali scrivono con certezza riguarda il meccanismo che verrà adoperato.
Come spiega una nota del dicastero, i lavoratori potranno concordare col datore di lavoro il passaggio da full-time a part-time, con una riduzione dell’orario tra il 40 ed il 60%. Per accedere al part-time agevolato, il lavoratore interessato deve richiedere all’Inps la certificazione che attesta il possesso del requisito contributivo e la maturazione di quello anagrafico entro il 31 dicembre 2018. Una volta ottenuta la certificazione da parte dell’Inps, il lavoratore ed il datore stipulano un “contratto di lavoro a tempo parziale agevolato” nel quale viene indicata la misura della riduzione di orario. Il contratto sarà di durata pari al periodo che manca al lavoratore per arrivare alla pensione di vecchiaia. Questo è quanto riportato nuovamente da Repubblica.
Sappiamo anche che le risorse stanziate dal governo per coprire la contribuzione figurativa, commisurata alla retribuzione corrispondente alla prestazione lavorativa non effettuata, sono 60 milioni per il 2016, 120 milioni per il 2017 e 60 milioni per il 2018.

Mi auguro che almeno questa volta cifre così elevate ricoprano il valore di aiuto e non di spreco.

da ilgiornale.it

da ilgiornale.it

Vinitaly

«Marco Polo ha impiegato 8 anni per andare e tornare dalla Cina. Con internet possiamo impiegare 8 secondi».
Con queste parole, Jack Ma, fondatore di Alibaba, il gigante dell’e-commerce cinese nato 17 anni fa (in qualche cifra: 400 milioni di acquirenti attivi all’anno, 120 milioni di click al giorno, 500 miliardi di fatturato), ha mostrato forte interesse per il mercato vinicolo italiano. A fare la differenza di cinquantesimo Vinitaly di Verona, dunque non è stata la progressione del numero di espositori e visitatori, bensì la nascita una nuova strada, e magari anche rinascita, per il nostro commercio.
«Il futuro del vino italiano è online» spiega il fondatore della piattaforma «Al mondo ci sono 2 miliardi di persone nate dopo gli anni ’80. Molte di queste sono in Cina e hanno una grande voglia di Italia e di prodotti di qualità italiani. Non sempre, o forse non ancora, possono venire loro in Italia. Per questo dovete andare voi in Cina. Alibaba e il commercio online vi offrono questa possibilità».

Ad oggi il 55% del vino venduto su Alibaba è di provenienza Francese mentre solo il 6% proviene dall’Italia. Un’apertura a questo mondo virtuale potrebbe quindi rappresentare una grande fonte di introiti anche per le piccole imprese che da sole non potrebbero raggiungere mercati tanto lontani.
«Il vino italiano è migliore di quello francese.» ha affermato Matteo Renzi, riferendosi ad una conversazione avuta in precedenza con Francois Hollande «E lui mi ha risposto: può anche darsi, ma il nostro ha prezzi più elevati. E io l’ho invidiato per questo perché significa che la Francia è stata molto più forte e organizzata dell’Italia nel raccontare i propri prodotti. È quello che manca a noi e da qui dobbiamo ripartire per costruire lo sviluppo futuro del vino italiano».
L’Italia deve quindi cambiare atteggiamento e aprirsi al mercato internazionale con un atteggiamento differente, secondo il premier infatti il commercio digitale potrebbe far salire le esportazioni fino al 7,5 miliardi di euro entro il 2020 (oggi sono 5,4).
E per chi è scettico della qualità che si possa acquistare sul web, Jack Ma rassicura anche il ministero per le Politiche agricole, garantendo una protezione dei marchi «Voglio chiarire un punto: noi non amiamo i falsari e i contraffattori. Solo lo scorso anno abbiamo contribuito a farne arrestare 700.
Anche per questo confermo che noi siamo i migliori alleati dei produttori italiani.

da blasonwines.com

Anche per il rispetto della legalità e non solo per l’incremento dei fatturati».

Confermo le mie solite posizioni. E a ragion veduta, oserei dire. Rimanere in Italia dopo, magari, una profonda esperienza estera. Il nostro paese è ricco, capace, preparato.

Panama Papers: un po’ di chiarezza

 

da left.it

da left.it

Tra dimissioni a grappolo e redditi di primi ministri, cerco si spiegare bene quale sia la vicenda dei Panama Papers ai miei lettori – che, noto, sono in lieve aumento.

Prendo un paio di righe dalle pagine di Wall Street Italia: Con la locuzione Panama Papers ci si riferisce a un corposo fascicolo di oltre 11 milioni di documenti che contengono informazioni dettagliate su oltre 200 mila società offshore e relativi organigramma. Il nome di questa inchiesta è dovuto allo studio legale Mossack Fonseca, che ha sede a Panama per l’appunto. Vedono coinvolti leader mondiali con parenti e collaboratori oltre a vip e top managers.

L’inizio della vicenda risale agli anni ’70 ma l’indagine è partita nell’Agosto 2015, venne consegnato al Süddeutsche Zeitung, uno dei più importanti quotidiani tedeschi, e poi al Consorzio Internazionale dei Giornalisti Investigativi (ICIJ nella sua sigla inglese).

Si tratta di evasione fiscale. Più o meno quanto ho scritto nei giorni passati relativamente a Google ed Apple, per intenderci. Soldi che avrebbero potuto rimanere qui e che invece vanno … lì. Non necessariamente a Panama. Tutto questo perché, chiaramente, ci sono paesi in cui la pressione fiscale sul patrimonio è praticamente nulla. O minima.

Ci sono state diverse manovre in merito a questa posizione. Una, probabilmente una delle più spregevoli, è stata quella caldeggiata da Hillary Clinton.
Noi stessi non siamo esenti da questo malanno. Sono stati resi pubblici i nomi di almeno un centinaio di nostri concittadini. Ma nessun capo è stato risparmiato.

Ieri il premier inglese Cameron ha dovuto rendicontare – evento mai accaduto in tutta la storia britannica – al parlamento inglese riguardo tutte le sue finanze. Per poche migliaia di sterline, figura in quell’elenco malsano in cui è iscritto anche Sigmundur Gunnlaugsson, l’ex primo ministro di quell’isola – l’Islanda – che solo pochi anni fa aveva alzato la testa con un referendum che l’aveva vista emanciparsi dal debito con le banche internazionali. Soprattutto inglesi.  Ma le ripercussioni dello scandalo non si fermano a Reykjavík e stanno investendo la politica europea anche a Londra e Parigi. Senza dimenticare Berlino, alle prese con ventotto banche che avrebbero utilizzato i servizi dello studio panamense creato nel 1977 proprio da un tedesco, Jürgen Mossack, figlio di un membro delle SS. Sorpresa amara anche per la Fifa che credeva di essersi messa alle spalle la bufera dell’era Blatter. Nei file si trova il nome del neo presidente Gianni Infantino, eletto dopo lo scandalo delle mazzette. Il Guardian ha svelato che tra il 2003 e il 2006, quando era direttore degli affari legali della Uefa, Infantino avrebbe firmato contratti per la cessione dei diritti tv insieme a società offshore riconducibili a Hugo Jinkins, secondo gli inquirenti Usa una delle persone coinvolte nell’inchiesta per corruzione.

Dal canto suo, Il governo di Panama ha difeso gli “alti standard di trasparenza” del sistema finanziario nazionale affermando che a Panama sono stati approvati e applicati “strumenti legali molto più restrittivi e rigorosi che in altri centri di servizi finanziari a livello internazionale”.

Panama-Hilary: il diavolo

da absoluterights.com

da absoluterights.com

Hilary Clinton, nonostante le recenti sconfitte come quella in Winsconsin, è vicina alla vittoria alle primarie americane per il partito democratico.
Come molti sapranno, sono sempre molto vicino alle vicende degli States e avverto la necessità di tirare fuori questo ennesimo scheletro dall’armadio di casa Clinton per poter arrivare alla formazione di un’opinione sana, avulsa dalle parti politiche.

E’ stata la Clinton a sostenere l’accordo commerciale tra USA e Panama che ha dato il La a detentori di grandi patrimoni americani per nascondere al fisco queste somme. Riporto una notizia dell’Huffington Post di cinque anni fa:

“Obama sta lanciando un appello al Congresso affinché approvi un accordo commerciale che cementerebbe una tattica chiave adottata da alcuni tra i più ricchi in America per evitare di pagare le tasse”. Ancora: “Panama detiene alcune delle leggi più severe al mondo sul segreto bancario, permettendo ai cittadini americani di creare conti bancari e aziende offshore in modo estremamente facile ed economico. Creare un’azienda o aprire un conto bancario costa meno di $2.000 e qualsiasi liquidità che gli americani decidessero di nascondere in queste entità non verrebbe tassata. Le leggi (di Panama) sul segreto bancario e gli standard estremamente indulgenti sulla registrazione delle aziende rendono molto difficile all’IRS (Internal Revenue Service, il fisco americano) riuscire a individuare le transazioni di trasferimenti di fondi dagli Usa a queste destinazioni di Panama. Non sorprende il fatto che a Panama ci siano quasi 400.000 aziende offshore, più che in qualsiasi nazione, a parte Hong Kong”

E oggi, dopo che sono trascorsi più di cinque anni dall’articolo dell’Huffington Post, l’International Business Times ricorda:

“Poco dopo essere diventato presidente, nel 2009, Obama e il suo segretario di Stato (Hillary Clinton) hanno iniziato a fare pressioni per l’approvazione degli accordi sul libero commercio con Panama, Colombia e Corea del Sud che, secondo l’opposizione, avrebbero reso maggiormente difficile reprimere una imposizione fiscale sul reddito estremamente bassa, le leggi sul segreto bancario e una storia di non cooperazione con i partner stranieri”.

Questo spiega il vantaggio di Sanders agli ultimi scontri con la moglie del famoso Bill? Molto probabile. Bernie Sanders aveva previsto tutto nel 2011.

È in quell’anno infatti che, il 12 ottobre per la precisione, intervenendo al senato statunitense nel dibattito sull’accordo commerciale tra Stati Uniti e Panamá, Sanders criticò fortemente la decisione degli Stati Uniti, argomentando così il suo voto contrario:

“Infine, signor presidente, parliamo dell’accordo di libero scambio con Panamá. Il pil annuale di Panamá è di appena 26,7 miliardi di dollari, ovvero due decimi dell’1 per cento dell’economia statunitense. Nessuno può davvero sostenere che approvare questo accordo di libero scambio aumenterà in maniera significativa i posti di lavoro per gli statunitensi. E allora perché l’ipotesi di un accordo di libero scambio autonomo con questo paese? Be’, il fatto è che Panama è il leader mondiale quando si tratta di permettere agli statunitensi e alle grandi aziende di evadere le tasse negli Stati Uniti, nascondendo il loro denaro in paradisi fiscali offshore. E l’accordo di libero scambio con Panamá renderebbe una brutta situazione ancora peggiore. Ogni singolo anno, i ricchi e le grandi aziende evadono cento miliardi di dollari di tasse degli Stati Uniti attraverso paradisi fiscali clandestini e illegali, a Panamá e in altri paesi. Secondo l’organizzazione Citizens for tax justice (Cittadini per la giustizia fiscale), ‘un paradiso fiscale possiede una delle seguenti tre caratteristiche: le sue tasse sul reddito sono molto basse o inesistenti; possiede leggi sul segreto bancario; ha un passato di non cooperazione con gli altri paesi nello scambio d’informazioni su questioni fiscali. E Panama le ha tutte e tre. È probabilmente il peggiore di tutti’.

Ma il dettaglio più rilevante di tutti vorrei esprimerlo io. Perché? Basta guardare l’incipit di questo articolo: la promessa di un’opinione scevra di colori ideologici. Solo nessi “casuali”. Donald Trump non ha infilato un solo nichelino in quei conti.

Whatsapp aumenta la sua sua sicurezza. Ecco cosa succede.

Chiunque avrà notato che negli ultimi giorni, con l’aggiornamento di Whatsapp è comparso un breve messaggio che indica che tutti i nostri messaggi saranno criptati. L’annuncio è arrivato direttamente da un post del fondatore di WhatsApp, Jan Koum, che non ha nascosto la sua soddisfazione in merito all’obbiettivo raggiunto: «Sono orgoglioso che il nostro team abbia raggiunto questo traguardo: d’ora in poi ogni messaggio, foto, video, file e messaggio vocale inviato sarà criptato di default se il mittente e il destinatario useranno entrambi l’ultima versione della nostra applicazione. Anche le chat di gruppo e le chiamate vocali saranno criptate».
Ciò significa che l’interfaccia dell’applicazione di per sé non è cambiata ma l’utilizzo della modalità “end to end” permetterà dunque di poter conversare e scambiare file e fotografie in maniera del tutto sicura.

da nexquotidiano.it

da nexquotidiano.it

Quando infatti si utilizza una “end to end encryption” solo gli interlocutori sono in possesso della chiave di crittografia (che è già presente nei device che inviano e che ricevono) dei messaggi che vengono inviati, e quindi i server ospitanti (in questo caso Whatsapp) hanno solo il compito di trasportare i dati senza esserne in grado di decodificare il contenuto.
Una mossa sicuramente rassicurante per il pubblico, ma che è arrivata in un momento abbastanza particolare per il mondo della tecnologia. Non dimentichiamo i dissidi di qualche tempo fa tra Apple e Fbi in seguito alla violazione di un iPhone di San Bernardino da un hacker contattato dai federali. Dietro questa scelta di aumentare il livello di sicurezza, il creatore di Whatsapp, che, ricordiamo, adesso appartiene a Facebook, non ha di certo nascosto che ci sia il caso sopracitato.  «Riconosciamo il lavoro importante delle forze dell’ordine nel tenere le persone al sicuro – scrive Koum nel post ufficiale di WhatsApp – ma gli sforzi per indebolire la cifratura dei dati espongono le informazioni delle persone all’abuso di cybercriminali, hacker e Stati canaglia» e aggiunge poi «Le persone meritano sicurezza perché è la sicurezza ci permette di connetterci con chi amiamo. Ci permette di comunicare informazioni sensibili con colleghi, amici o altri. Siamo felici di fare la nostra parte nel mantenere le informazioni delle persone fuori dalla portata di hacker e criminali informatici».

Da padre di famiglia onestamente non mi sento molto rasserenato, ma da imprenditore sento già il peso del passo in avanti.

80 euro per le pensioni? Renzi vende tappeti

Un momento della manifestazione di Cgil-Cisl-Uil per chiedere la riforma della legge Fornero sulle pensioni con un corteo in bicicletta da Porta Susa a Piazza Castello a Torino, 2 aprile 2016. Fonte: ansa.it

Un momento della manifestazione di Cgil-Cisl-Uil per chiedere la riforma della legge Fornero sulle pensioni con un corteo in bicicletta da Porta Susa a Piazza Castello a Torino, 2 aprile 2016. Fonte: ansa.it

E’ l’espressione che Renato Brunetta ha utilizzato per descrivere l’ennesima manovra del nostro premier utilizzata per ingannarci. Un po’ come gli imperatori romani coi giochi in arena quando mancava il pane.

Stavolta pensa ai pensionati. Ricordate il bonus di 80 euro per i dipendenti? Stessa cosa. Peccato che i lavoratori dipendenti in Italia siano solo una frazione delle partite IVA, di tutti quei lavoratori autonomi che compongono l’ossatura del paese.
E con tutti questi contratti a prestazione occasionale di lavoro, lavoratori a progetto, giovani in stage e quant’altro, aggiungere 2 milioni di bonus ad ottanta euro a una cifra ancora bassa (cifra che ignoro – mi perdonerete) di potenziali elettori del Partito Democratico si dimostra essere nient’altro che una manovra di comunicazione. Comunicazione e nient’altro.

Se Renzi contattasse una concessionaria di affissioni pubblicitarie otterrebbe lo stesso effetto. Probabilmente utilizza gli anziani del nostro paese come manifesti. Non so che altro pensare.
Un mero venditore di tappeti, come lo ha chiamato Brunetta. Non c’è nient’altro da dire.

La ciliegina sulla torta? Si tratta dell’ennesimo finanziamento in deficit. Illustro l’espressione per tutti quelli che continuano a seguirmi e si pongono sempre tante domande su locuzioni che usano i giornalisti senza però far capire ai lettori di cosa si tratti.
In particolare, eseguire un’operazione in deficit vuol dire indebitarsi quando si è già indebitati. Faccio un esempio: poniamo il caso di essere membri di una famiglia indebitata per mutuo e che non abbia i soldi per iscrivere il figlio ad un’attività sportiva. Improvvisamente, mentre siamo in strada, la nostra attenzione viene colta da un’offerta – un po’ surreale – di fornitura annuale di merendine con olio di palma. Che facciamo? Andiamo dalla stessa banca con cui abbiamo aperto il mutuo di cui sopra e finiamo per indebitarci una seconda volta per pagare la fornitura di merendine.

Non c’è bisogno di commentare il risultato.

17 aprile: andiamo a votare?

Leggo sulle pagine de l’Espresso una spiegazione molto lineare riguardo l’annoso problema delle estrazioni di petrolio nei nostri siti paesaggistici. Vorrei riportarne il testo di Stefano Vergine: “Gli elettori dovranno votare su una questione piuttosto tecnica. Dovranno decidere se i permessi per estrarre idrocarburi in mare, entro 12 miglia dalla costa, cioè più o meno a 20 chilometri da terra, debbano durare fino all’esaurimento del giacimento, come avviene attualmente, oppure fino al termine della concessione. In pratica, se il referendum dovesse passare – raggiungere il quorum con la vittoria del sì – le piattaforme piazzate attualmente in mare a meno di 12 miglia dalla costa verranno smantellate una volta scaduta la concessione, senza poter sfruttare completamente il gas o il petrolio nascosti sotto i fondali. Non cambierà invece nulla per le perforazioni su terra e in mare oltre le 12 miglia, che proseguiranno, né ci saranno variazioni per le nuove perforazioni entro le 12 miglia, già proibite dalla legge“.

Come notiamo in figura, la più grande concentrazione di siti di estrazione è localizzata al largo del litorale adriatico, su cui normalmente si riversano i villeggianti delle aree settentrionali e orientali del paese. E non solo. Buona parte di questi giacimenti si concentra in aree particolarmente soggette a fenomeni di immigrazione come il sud della Sicilia, Calabria e il mare al largo di Brindisi. Non mi è difficile pensare quanto attività svolte su piattaforme di escavazione vicine alla costa possano intralciare il lavoro che la protezione civile e enti affiliati stanno svolgendo in quelle aree. Attività che da un lato possono valerci riconoscimenti come il Premio Nobel – per il quale è in lizza Lampedusa – e dall’altro ci servono ad evitare tragedie come quelle avvenute a Bruxelles.

Di fronte a commenti come quello pubblicato sull’Huffington Post da Isabella Pratesi, ho le idee molto confuse.
Ad esempio: “Un’altra cosa che nessuno ti racconta è che per la ricerca del petrolio viene utilizzata la tecnica dell’airgun (esplosioni sottomarine di aria compressa), molto pericolosa per la fauna marina: le onde sonore possono modificare i comportamenti e indebolire il sistema immunitario di molti animali. È probabile che gli airgun siano responsabili dello spiaggiamento anomalo di capodogli, balene e delfini. ”
In ogni caso, ci saranno imprese che non ne trarranno giovamento.
Nel primo caso, la media e piccola distribuzione di idrocarburi e surrogati (GPL, Diesel) non avrà modo di rifornirsi e trovare clienti con gli stessi vantaggi precedenti al referendum, lasciando spazio ancora una volta sempre ai grandi gruppi di rifornimento che detteranno i prezzi, assieme alle accise statali.
D’altro canto, è sempre la piccola e media impresa a vivere sui piccoli vantaggi che una scelta del genere potrebbe apportare: parlo delle mete turistiche e delle agenzie e imprese di servizi connessi.

da espresso.repubblica.it

da espresso.repubblica.it

Questo non mi fermerà dall’andare a votare il 17 aprile e dire la mia in merito. Abbiamo bisogno di un paese guidato da una classe dirigente molto più coscienziosa, più coraggiosa, meno corrotta.